Un padre islamico, per impedire alla figlia, campionessa di pugilato di tornare a salire sul ring, le ha ripetutamente sparato, ferendola gravemente alle mani e alle ginocchia.

Ha ripetutamente sparato alla figlia per impedirle di tornare a combattere sul ring. Ed è riuscito nel suo folle intento. Lui, Roy El-Halabi, 44 anni arabo di fede islamica, manager di pugilato, aveva negli ultimi tempi un pessimo rapporto con la figlia adottiva. Lei, Rola El-Halabi,venerdì sera, era in procinto di salire sul ring per conquistare il titolo di campionessa mondiale dei pesi piuma femminili. Sarebbe stato il terzo. Ma, da quando si era fidanzata, con il padre litigava in continuazione. Non voleva che gestisse più i suoi interessi sportivi. E così, il padre ha compiuto la sua atroce vendetta.



Rola, nata in Libano, di passaporto tedesco, stava terminando la fase di concentrazione in una stanza dell’ippodromo berlinese di Karlshorst quando si è trovata di fronte il padrigno. Erano le 11 di sera, mancavano dieci minuti all’incontro. Nel corridoio qualcuno aveva avvertito degli spari. L’uomo aveva ferito due guardie. Poi, è stata la volta della figlia. «Papà è entrato con la pistola – ha raccontato la giovane al quotidiano Bild -. Ha obbligato gli altri a uscire dalla stanza e si è chiuso dentro con me. Immediatamente mi ha sparato nella mano destra da tre metri di distanza. Bruciava come l’inferno».



Lei continuava a urlare, «ma lui ha continuato a sparare, prima al mio piede sinistro, sono caduta e mi sono fatta male a un ginocchio». Il folle, intanto, gridava: «Hai rovinato la mia vita». Rola ha provato a calmarlo, ma niente da fare: «Mentre ero rovesciata a terra ha mirato al ginocchio e poi all’altro piede. Ogni colpo era come un pugno. Dalle scarpe usciva sempre più sangue. Ero stordita». Finito di sparare il padre compone un numero. «Ecco, l’ho fatto, per favore perdono».

Mentre la polizia lo portava via, continuava a girarsi e a chiedere perdono alla figlia. All’ospedale hanno confermato che la ferita alla mano le impedirà di praticare ancora la boxe. Il patrigno, invece, rischia dieci anni di carcere. «Per me è sempre stato un drogato del controllo, narcisista. Ha controllato la sua vita passo a passo: che amici aveva, in quale bar potesse essere. Rola non voleva farsi mettere in gabbia da lui», è stato il commento dell’allenatore di Rola, Jürgen Grabosch.