La Nato fa sapere che non intende chieder scusa per le vittime civili provocate nel coso di una raid su Brega. Intanto, i ribelli chiedeono all’Italia di bombardare.
Diversi ribelli hanno perso la vita, uccisi dal “fuoco amico” di un raid della Nato avvenuto a Brega. L’ammiraglio Russell Harding, vice comandante dell’operazione Unified Protector condotta dall’Alleanza atlantica in Libia, durante una conferenza stampa tra Napoli e Bruxelles, ha dichiarato: «Non voglio chiedere scusa per le morti di civili per due motivi: primo perché vedendoli dall’alto non possiamo identificare di che natura siano i mezzi e secondo perché vedendo quei veicoli che si spostavano avanti e indietro potevamo presupporre che fossero di forze leali al colonnello Gheddafi».
Riferendosi, poi, agli sviluppi della situazione militare ha spiegato che, attualmente, «è fluida», e non di stallo come aveva, inece, riferito in precedenza il generale Carter Ham, comandante dello US Africa Command, relazionando al Congresso americano sul procedere della azioni di guerra
Nel frattempo, da più parti giungono pressioni perché l’Italia modifichi l’impostazione del proprio contributo alla missione. Il Consiglio Transitorio dei ribelli a Bengasi, al nostro rappresentante in Cirenaica, Guido De Sancits, ha chiesto che l’Italia bombardi. Le forze di Gheddafi sarebbero in procinto di sfondare su Bengasi e «Il Consiglio – dice il portavoce della Farnesina, Maurizio Massari – ci chiede di intervenire affinchè la Nato colpisca dal cielo», Domenica, intanto, prenderà il via la commissione di inchiesta delle Nazioni Unite sulle violazioni dei diritti umani durante la crisi.