Undici imam, venerdì mattina, all’alba, hanno perso la vita, uccisi da un bombardamento Nato effettuato su Marsa el-Brega. Oggi, un altro imam, Noureddin al-Mijrah, ha lanciato una fatwa contro i paesi “colpevoli” dell’uccisione. Il religioso ha emanato l’editto di condanna rivolgendo ai «musulmani nel mondo intero» un appello perché per ogni imam ucciso siano ammazzati un migliaio di cittadini di «Italia, Francia, Danimarca, Gran Bretagna, Qatar ed Emirati Arabi Uniti». Si tratta dei paesi che, secondo l’imam, sono egualmente responsabili di quanto avvenuto. Da Bruxelles, fonti alleate fanno sapere che i raid non avevano preso di mira obiettivi civili, ma un bunker che rappresentava una «postazione di comando e controllo». In ogni caso, secondo l’emittente televisiva statale al-Jamahiriyah sarebbero, in totale, sedici i morti mentre i feriti sono una cinquantina. Nel frattempo, Mahmoud Jabril, rappresentante del Consiglio nazionale di transizione, è stato ricevuto alla Casa Bianca. Tom Donilon, Consigliere per la Sicurezza Nazionale, ricevendolo ha dichiarato: «II Consiglio di Transizione Libico è un interlocutore legittimo e credibile del popolo libico». Non si tratta, tuttavia, del riconoscimento formale e ufficiale e atteso, che gli Usa, del resto, ritengono prematuro, ma di un gesto, egualmente, di enorme portata simbolica, dal momento che rappresenta un passo avanti nell’accesso da parte ribelli alle risorse del regime libico congelate; si tratta di ingenti ricchezze, necessarie per continuare la lotta contro il regime. 



Il Cnt ha calcolato che ha bisogno, entro la fine dell’anno, di almeno 3 miliardi di dollari. John Kerry, presidente della Commissione Esteri del Senato, sta mettendo a punto una legge per concedere ai ribelli 150 milioni di dollari, in attesa di poter ottenere una serie di crediti garantiti.

 

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