Dopo l’uccisione di Osama Bin Laden si temono, in Pakistan, attacchi contro i cristiani. La situazione è tesa e le autorità hanno dispiegato misure di sicurezza.
Ucciso Bin Laden, si scatenano le reazioni non solo di chi ha brindato all’evento, ma anche di chi, assoggettato alla medesima ideologia islamista, minaccia ritorsioni e giura vendetta. Se Hamas, al governo nella Striscia di Gaza, definisce il blitz dei militari Usa assieme alle forze di sicurezza pakistane un «assassinio», mentre parla di Bin Laden come di un «santo combattente arabo», è in Pakistan che la tensione sta raggiungendo livelli seriamene preoccupanti. Nel Paese in cui è stato ucciso, le autorità si dicono preoccupate per possibili ritorsioni nei confronti dei cristiani. Ritorsioni che le autorità pakistane considerano “insensate”, data la totale estraneità delle comunità cristiane al blizt, ma la cui minaccia, non per questo, è meno reale. Fonti locali dell’agenzia Fides fanno sapere che a Islamabad, Lahore, Karachi, Multan e altri centri urbani, sono state disposte ingenti misure di sicurezza. Sono stati chiusi istituti e scuole cristiani, mentre le chiese e i quartieri cristiani sono presidiati in uno stato di massima allerta. Paul Bhatti, Consigliere Speciale del governo per le Minoranze religiose, fratello del ministro ucciso, spiega all’agenzia: «La situazione è tesa». E aggiunge: «Il governo sta ponendo la massima attenzione alle misure di prevenzione».
Spiega padre Mario Rodrigues, direttore delle Pontificie Opere Missionarie in Pakistan, al termine di un incontro con le autorità civili: «Ci hanno messo in allerta chiedendo la chiusura dei nostri istituti e disponendo altro personale di polizia davanti alle chiese. I cristiani in Pakistan sono vittime innocenti, anche in questa situazione: ogni pretesto è buono per minacciarli o per sferrare attacchi».