Un altro venerdì di proteste e di sangue in Siria. Sarebbero almeno venti i morti nella repressione delle forze dell’ordine contro i manifestanti che invocano democrazia e l’allontanamento del presidente Hassad. Ci sarebbe anche un bambino fra le vittime. Le forze dell’ordine hanno aperto il fuoco contro i dimostranti nella città di Homs, a 160 chilometri a nord ovest della capitale Damasco. Ma anche nelle città del sud di Deraa e Sanamin. Al Jazeera ha poi detto che cortei sono in corso anche a Damasco, Banias e Qamshili. Nella città di Maaret al-Numan sono intervenuti i carri armati dell’esercito per cacciare la folla. Dopo l’ennesimo spargimento di sangue l’Unione Europea ha dichiarato che lunedì il consiglio dei ministri degli esteri esaminerà l’ipotesi di includere Hassad nella lista di persone soggette a sanzioni. Le sanzioni comprendono blocco del visto, congelamento dei beni e l’embargo sulla vendita di armi. Anche quelle di oggi sono state proteste all’insegna della non violenza da parte degli oppositori del regime, che erano scesi in piazza con un ramoscello d’ulivo in mano. Sono i luoghi di culto, le moschee islamiche, a dare protezione ai ribelli. Non a caso le manifestazioni nascono sempre di venerdì, giorno di preghiera.



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