Tra poco più di due settimane, il 12 giugno, ci saranno le elezioni presidenziali, in Turchia. Intanto, non si ferma la scia di sangue e violenza che da diverso sta attraversando il Paese. Un mese fa è stato effettuato un sanguinoso attentato alla scorta del presidente Erdogan, l’altro ieri è stato ritrovato un ordigno artigianale, costituito da una cospicua quantità di esplosivo sotto un ponte ubicato nel sud est del Paese. Oggi è esplosa una bomba in un quartiere residenziale e ricco di negozi di Istanbul (vi si trova il centro commerciale Akmerkez), a Etileraccanto ad una stazione dei bus. Ci sarebbero, secondo le prime fonti, otto feriti: sette civili e un poliziotto. Pare che l’obiettivo degli attentatori fosse la vicina accademia di polizia. L’ordigno è stato posizionato all’interno di un cassonetto dell’immondizia, sotto un ponte – il che ne ha limitato gli effetti –  ed è stato fatto detonare intorno alle 9 locali, le 8 in Italia. Il quartiere, per timore che si potesse verificare un secondo attentato, è stato fatto evacuare. La zona è abitata prevalentemente da curdi, l’insurrezione dei quali ha provocato, dall’84, più di 40mila morti. 



L’attentato al premier era stato rivendicato da separatisti curdi. Il Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, organizzazione separatista che lotta dagli anni ’80 per creare un enclave curda in Turchia, per bocca del suo leader Ocalan aveva di recente annunciato la ripresa della lotta armata se, entro il 15 giugno,  non saranno prese misure effettive in favore delle minoranze. 

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