Sull’onda dell’emozione provocata dalla tragedia di Fukushima, in Europa si prendono le prime decisioni dettate dal timore che qualcosa di simile non sia un’eventualità così remota e improbabile. La Germania è il primo grande paese industrializzato che rinuncia all’energia atomica, che le fornisce il 22 per cento del proprio fabbisogno energetico. Lo ha comunicato il ministro dell’ambiente, Norbert Roettgen, sottolineando che la decisione è irreversibile e che l’ultimo reattore sarà disattivato nel 2022. «Dopo lunghe consultazioni, c’è ora un accordo nella maggioranza per porre fine all’energia nucleare»,  ha detto il ministro al termine di una riunione di 7 ore negli uffici del cancelliere Angela Merkel. Gran parte dei reattori saranno già disattivati quest’anno. Roettgen ha spiegato, inoltre, che non ci saranno blackout e che gli otto reattori scollegati oggi dalla rete non saranno riattivati, altri sei saranno disattivati entro il 2021 e i restanti tre smetteranno di funzionare entro il 2022. Sulla questione si è coordinato con il suo omologo a livello federale.  



Nel frattempo, domenica, decine di membri Greenpeace avevano dato vita ad una protesta contro le centrali arrampicandosi sulla Porta di Brandeburgo, a Berlino, esponendo uno striscione con scritto: «Ogni giorno di energia nucleare è uno di troppo». Il giorno prima, altre decine di manifestanti aveva protestato per le stesse ragioni in diverse città tedesche. 25 mila, secondo gli organizzatori,  a Berlino e Monaco, 20 mila ad Amburgo e 10 mila a Friburgo.  



 

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