«L’attacco dei salafiti alla Chiesa copta di Imbaba è una rappresaglia nei confronti dello storico accordo raggiunto sabato da tutti i partiti liberali egiziani», in grado di cambiare radicalmente i risultati delle prossime elezioni politiche di settembre. Lo afferma Wael Farouq, professore dell’American University del Cairo e vicepresidente del Meeting Cairo, in seguito alle violenze che hanno portato alla morte di una decina di persone, dopo che si era diffusa la voce che una donna convertitasi all’Islam sarebbe stata segregata in una chiesa. Per Farouq, i responsabili delle violenze sono persone che «condividono l’ideologia di Al Qaeda e hanno l’obiettivo di instaurare uno Stato islamico con la violenza», e chi li manovra sono i servizi segreti legati a Mubarak. Ma per Farouq «dopo le elezioni i partiti liberali modificheranno la Costituzione, in cui si afferma che “la Sharia è la fonte principale della legislazione”, indicando al suo posto che “i principi della Sharia sono una delle fonti insieme a quelli della dottrina cristiana”».
Professor Farouq, quali sono le cause di quanto è avvenuto sabato a Imbaba?
Gli attacchi alla chiesa sono stati una reazione all’accordo raggiunto tra le diverse forze liberali, e che rappresenta il più grande evento politico dalla rivoluzione a oggi. Cinquemila leader, esponenti della società civile, attivisti dei diritti umani, figure pubbliche, direttori di Ong, si sono riuniti insieme da tutto l’Egitto per combattere l’instaurazione di qualsiasi forma di Stato religioso o militare. Poche ore dopo i salafiti hanno scatenato le violenze.
Erano diversi giorni però che covava la tensione contro i cristiani…
Non dimentichiamoci che in Egitto la polizia sta funzionando al 20% delle sue effettive capacità. Dopo la fine del regime di Mubarak, la polizia ha perso infatti tutti i suoi privilegi, oltre alla credibilità nei confronti della gente. La maggior parte degli agenti quindi non vuole più lavorare, e guarda le persone ammazzarsi tra di loro senza muovere un dito. La scorsa settimana due famiglie musulmane si sono prese a fucilate in una via commerciale del centro del Cairo, e sette persone sono rimaste uccise. La polizia era presente alla scena, ma è rimasta a guardare senza intervenire.
Il Consiglio militare però ha promesso una punizione esemplare per chi ha attaccato la chiesa…
Il Consiglio militare che oggi governa l’Egitto ha un’autorità assoluta e può dunque opporsi ai salafiti in qualsiasi momento. Se non lo farà ora, significa che è a sua volta contro i principi della rivoluzione.
Ma di fatto i salafiti rappresentano Al Qaeda e Bin Laden?
La vera natura di Al Qaeda non consiste in una struttura impegnata sul piano organizzativo, quanto piuttosto in una ideologia che si identifica con Bin Laden e che punta a realizzare uno Stato islamico con la violenza. Se la sua domanda è quindi: «In Egitto esistono delle persone che credono nell’ideologia di Al Qaeda?», la mia risposta è «Sì». Ci sono molti gruppi salafiti che sono favorevoli ai principi di Bin Laden. Ma la stragrande maggioranza della società egiziana rifiuta queste persone.
Chi c’è dietro ai salafiti che hanno attaccato la chiesa?
In primo luogo, ci sono grandi flussi di denaro provenienti dall’estero che sostengono questi piccoli gruppi. Inoltre, in Egitto è risaputo che i salafiti sotto il regime di Mubarak collaboravano con la sua polizia segreta. Chiunque sia un minimo informato, sa quanto i salafiti fossero implicati con i servizi segreti che li hanno utilizzati ripetutamente, come in occasione dell’attacco bomba contro la chiesa di Alessandria. Per non parlare delle centinaia di persone presenti nei consigli comunali di tutte le città egiziane e degli ex membri del parlamento di Mubarak, che sono a loro volta coinvolte in questi eventi. E’ comunque sufficiente che il governo svolga delle normali indagini, per scoprire chi c’è dietro a questi attacchi.
In molti osservano però che dopo la caduta di Mubarak, la situazione per i cristiani non è migliorata…
Immaginiamo una persona che è rimasta in coma per 30 anni: se si sveglia adesso, è difficile che possa iniziare a correre. Per 30 anni il regime ha alimentato le tensioni religiose come una valvola di sfogo della rabbia politica. Difficile quindi che le cose migliorino da un giorno all’altro. Ma io sono convinto che entro uno o due anni, tutte le tensioni religiose scompariranno dall’Egitto.
Perché ne è così sicuro?
Perché vivo la realtà dell’Egitto dall’interno e sabato, il giorno stesso degli attacchi, durante l’incontro tra i rappresentanti dei partiti liberali ho constatato che il 90% dei leader della società egiziana sostiene i diritti dei cristiani come cittadini a tutti gli effetti. E’ questa l’autentica realtà dell’Egitto, e non 500 persone che hanno assalito una chiesa armati di fucili.
Lei però conosce la parte più educata della società. Ma le fasce più povere la pensano allo stesso modo?
Guardiamo a quanto è avvenuto lo scorso gennaio. Ogni giorno, in tutte le maggiori città egiziane, le persone affluivano dalle aree rurali e prendevano parte alle dimostrazioni. La maggior parte dei manifestanti erano musulmani, e si sono mobilitati con dimostrazioni pacifiche, cioè con un tipo di iniziativa contrario a tutto ciò che professano Al Qaeda e Bin Laden. Leggendo i programmi elettorali dei gruppi islamisti, come i Fratelli musulmani, si osserva che dopo la rivoluzione hanno completamente cambiato le loro idee, perché hanno compreso che alle persone egiziane interessa la democrazia, e non l’applicazione della legge islamica.
Come valuta invece l’atteggiamento della Chiesa copta ortodossa?
Per anni la Chiesa ortodossa è stata abituata ad agire come il rappresentante politico della comunità cristiana nella vita pubblica: ritengo che si sia trattato di un errore. E’ ora che i cristiani egiziani si coinvolgano nella società civile e nelle istituzioni, in modo da conquistare i loro stessi diritti senza che qualcun altro lo faccia per loro, fossero anche le gerarchie ecclesiastiche. Queste ultime infatti dovrebbe incoraggiare i cristiani a uscire dalle mura delle chiese e a integrarsi nella società. Fino a che non compiranno questo passo, non supereremo mai le divisioni della società egiziana.
I partiti liberali che si sono riuniti sabato cancelleranno la Sharia dalla Costituzione?
Non cancelleremo la Sharia, ma considereremo i suoi principi come «una delle fonti» della legislazione egiziana, e non più come «la fonte principale». Inoltre aggiungeremo un altro articolo in cui si affermerà che anche i principi della dottrina cristiana sono un punto di riferimento per la legge. Ma né la Sharia né la dottrina cristiana entreranno a far parte della Costituzione con i loro singoli dettami, bensì solo attraverso i loro principi fondamentali. Può apparire una distinzione capziosa, ma in realtà si tratta di una differenza decisiva. I principi della Sharia sono infatti giustizia, uguaglianza e misericordia, cioè i valori che si trovano alla base delle Costituzioni di tutto il mondo.
Come si organizzeranno i partiti liberali?
Non ci fonderemo in un unico partito, ma ci organizzeremo in modo da potere lavorare insieme. Vogliamo evitare la competizione tra diversi candidati liberali in un unico collegio elettorale. Tra i nostri candidati ci sarà Tahani al-Jibaly, presidente del Meeting Cairo, che ha chiesto di poter correre come vicepresidente dell’Egitto. Ed è stata sempre Al-Jibaly a presentare la Carta fondamentale del nuovo soggetto politico, che ha scelto di chiamarsi National Council.
(Pietro Vernizzi)