Ancore violenze da parte del regime contro i cittadini siriani. Bashar Al Assad ha inviato l’esercito per reprimere le manifestazioni di dissenso nei suoi confronti con l’obiettivo ufficiale di «ristabilire la sicurezza». Lo ha mandato a Jisr al-Shughur, città settentrionale situata a 12 chilometri dal confine con la Turchia. Il presidente turco, Tayyip Erdogan, dal canto suo ha accusato il regime siriano compiere atrocità, spingendosi a definire le repressioni «inaccettabili» e a chiedere «un intervento del Consiglio di sicurezza dell’Onu». Secondo Erdogan «dopo tutto questo non possiamo più difendere la Siria». E dalle Siria sono ormai 2500 i profughi che si sono riversati in Turchia, a quanto ha riportato il ministro degli Esteri di Ankara, Ahmet Davutoglu. La maggior parte di questi è stata ospitata in un campo profughi allestito dalla Mezzaluna rossa (l’equivalente della nostra Croce rossa), che si trova nella zona di Yayladagi. Da alcuni attivisti è giunta voce di spari sulla folla da parte degli elicotteri del regime, mentre alcuni membri delle forze dell’ordine che si sono rifiutati di agire contro i cittadini sarebbero stati giustiziati. Nel frattempo, l’esecutivo siriano denuncia un «massacro di forze di sicurezza con fino a 120 militari uccisi» e, al contempo, aumentano i sospetti nei confronto dell’Iran, che starebbe sostenendo la Siria, nella repressione della popolazione, anche con l’invio di soldati.
E’ quanto emerge dalle testimonianze di alcuni rifugiati riportate da Al-Arabiya: «C’erano poliziotti in borghese ma anche soldati iraniani. Gli abbiamo chiesto di non sparare ma non parlavano arabo. E avevano la barba, ma portare la barba è vietato nell’esercito siriano», ha detto Mustafa, 23 anni, tra i feriti da armi d fuoco.