Il caso di Farah Hatim viene ancora denunciato dalla chiesa pakistana. La ragazza, cattolica, è stata rapita alcune settimane fa, nella regione del Punjab. Dopo di che è stata costretta a sposare un musulmano e a convertirsi all’Islam. E’ uno dei circa 700 casi di ragazze cristiane rapite dai musulmani ogni anno in Pakistan e obbligate a subire tale sorte. Secondo alcuni religiosi cristiani che si occupano di questi casi, Farah è stata costretta a firmare una dichiarazione in cui afferma di essersi convertita e sposata per sua volontà. Il testo è stato portato alla polizia e in tribunale, dunque legalmente il caso è considerato chiuso. Sarà possibile riaprirlo solo con una dichiarazione scritta, in cui Farah testimonia che tali comunicati le sono stati estorti con minacce e torture, ma della ragazza dal giorno del rapimento non si è avuta più alcuna notizia, né è stato possiible contattarla in alcun modo. Un potente uomo politico che aveva aiutato la famiglia islamica nell’impresa, è stato costretto a dimettersi dal suo ruolo e la sua tessera di partito stracciata, ma ciò non è servito a risalire a Farah. Si teme possa essere venduta all’estero come capita spesso in questi casi. E’ intervenuto adesso anche Monsignor Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio Onu di Ginevra, che ha chiesto l’intervento dell’alto commissario delle Nazioni Unite presso l’ufficio Onu di Ginevra. Radio Vaticana ha parlato con il presule, il quale osserva che è necessario ottenere informazioni sicure sulla ragazza perché nessuno dal giorno del rapimento è riuscito a parlare con lei.
E’ necessario, ha aggiunto, che il sistema giudiziario di Paesi come il Pakistan finiscano di ignorare le minoranze religiose, rispettando i diritti umani fondamentali. E’ necessario poi, ha aggiunto, abolire la legge sulla blasfemia che viene usata unicamente come strumento di persecuzione e come abuso di potere e anche come scusa per sistemare problemi non di natura religiosa.