I due cronisti francesi rapiti da Al Qaeda, in Afghanistan, sono tornati in Francia. Liberati mercoledì, Hervè Ghesquiere e Stephane Taponier hanno fatto ritorno in Francia dopo esser stati tenuti in ostaggio per 18 mesi dai talebani. I due sono giunti all’aeroporto militare di Villacoublay, a sud di Parigi accolti dal presidente Nicolas Sarkozy e dalla moglie, Carla Bruni. Taponier, 48 anni, e Ghesquiere, 49, stavano lavorando per la tv pubblica France 3 quanto furono rapiti nella prigione di Kapisa, 60 km a nord-est di Kabul, in Afghanistan.



In Francia il rapimento di Hervè Ghesquiere e Stephane Taponier aveva scatenato non poche polemiche per i rischi ai quali i due si erano esposti e per il dispendio di risorse. Eppure, nel corso di un’audizione svoltasi presso le Commissioni Affari esteri e sui Diritti Umani del Parlamento europeo, la free-lance francese, inviata in Afganistan e Cecenia Anne Nivat aveva spiegato che non è certo l’adrenalina la ragione per la quale i giornalisti mettono a repentaglio le proprie esistenze: «Sappiamo che potremmo non tornare, ma dobbiamo raccogliere le storie sul campo, altrimenti tutto quello che raccontiamo farebbe affidamento sui comunicati stampa ufficiali delle organizzazioni e dei governi coinvolti».



Nel 2011 sono stati 18 i giornalisti di guerra a perdere la vita svolgendo il proprio lavoro, mentre 151, sparsi ai quattro angoli del globo, sono in prigione. Sempre più spesso, nel corso dei conflitti, diventano obiettivi sensibili, armi di ricatto da rapire o, semplicemente, da eliminare. Per questo motivo, svariate organizzazioni, come, ad esempio, “Reporter senza frontiere” stanno tentando di garantire ai cronisti di guerra protezione, ad esempio polizze assicurative o periodi di formazione ai giornalisti in partenza per il fronte. L’Onu, inoltre, nel dicembre del 2006 ha adottato una risoluzione in difesa dei civili nei conflitti, includendo i giornalisti, mentre l’UNESCO, con la Dichiarazione di Medellin del maggio 2007, ha esortato i paesi membri ad aprire delle inchieste sulle violenze contro gli operatori dei media.



In ogni caso, la pericolosità del lavoro è aumentata in seguito alla modifica dei conflitti, e all’avvento del terrorismo come forma di guerriglia. Basti pensare che, secondo Reporter senza frontiere, nella guerra in Iraq sono stati uccisi più cronisti che nei vent’anni della guerra in Vietnam. Tornando ai cornisti francesi, i due hanno riabbracciato i propri familiari in privato, mentre a nessuna telecamera è stato possibile filmare il loro arrivo. «Siamo stanchi, con alcuni problemini non importanti di salute, ma stiamo bene», ha dichiarato telefonicamente Hervè Ghesquiere alla televisione France 3, dopo alcuni minuti dall’arrivo in Francia. «Non siamo mai stati minacciati di morte, né picchiati. Il mio desiderio ora è di atterrare davvero, di ritrovare una vita normale al più presto e di non fare l’ex ostaggio». 

Ghesquiere, poi, ha spiegato di aver passato almeno otto mesi da solo, tra aprile e dicembre 2010 e di esser stato in seguito riunito con con Taponier e Reza Din, il loro interprete afghano. «Abbiamo passato insieme gli ultimi cinque mesi. In tutto questo tempo la cosa più difficile era organizzare la nostra giornata, trovare delle cose da fare, non c’era niente da dirsi. Non bisognava lasciarsi andare».

«Siamo molto felici. Il sostegno della Francia, che abbiamo potuto ricevere tramite Radio France Internationale, ci ha motivato molto. Adesso ho fame di libertà e di amore», ha, invece, dichiarato il collega.