«E’ stata l’oppressione della polizia a garantire ai Fratelli musulmani una popolarità senza pari. Da quando nessuno li demonizza più, si sono frantumati in cinque partiti politici diversi. Nessuno deve quindi escluderli dalla vita politica, ma il rischio da evitare è che siano loro a scrivere la Costituzione da soli senza tenere conto delle minoranze. Questo sarebbe inaccettabile, e quindi l’8 luglio un milione di persone scenderà in piazza a manifestare». E’ il commento di Wael Farouq, professore all’American University del Cairo, sull’attuale situazione politica egiziana e sulla decisione di Hillary Clinton di stabilire contatti con i Fratelli musulmani. Una dichiarazione che giunge all’indomani dei duri scontri tra manifestanti e polizia avvenuti tra martedì e mercoledì in piazza Tahrir.



Professor Farouq, come valuta le dichiarazioni di Hillary Clinton sui Fratelli musulmani?

Ritengo che sia una buona notizia, in quanto nel nuovo Egitto nessun partito dovrà essere escluso dalla scena politica. Il dialogo deve essere la base su cui costruire il nostro futuro. Non condivido nessuna delle idee dei Fratelli musulmani, ma è un fatto che sono stati a lungo oppressi. Ora invece possono agire nella vita politica alla luce del sole, e questo farà sì che gli elettori possano comprendere meglio chi sono e se meritano o meno di guidare il Paese.



Ma la mossa degli Usa può essere anche finalizzata a evitare che l’Iran utilizzi i gruppi radicali in Egitto per influenzarne la vita politica?

L’Iran, pur avendo un potere in Medio Oriente, non ha alcuna influenza in Egitto, e i Fratelli musulmani non rappresentano l’Iran in nessun modo. Sono lontani mille miglia dalle idee degli Ayatollah, hanno presentato un programma politico ufficiale e affermato di essere a favore di uno Stato laico. In passato inoltre hanno condannato ripetutamente il regime iraniano e sottolineato che Teheran non rappresenta il loro modo di interpretare l’Islam e ciò che vogliono per il futuro dell’Egitto. L’Iran quindi è completamente estraneo alla scena politica egiziana.



Come spiega quindi la mossa degli Usa?

Gli Stati Uniti non stanno contattando solo i Fratelli musulmani, ma anche la maggior parte dei partiti politici egiziani. Una parte di questi partiti, con una visione agli antipodi rispetto ai Fratelli musulmani, riceve anche finanziamenti e sostegno politico da Washington. L’importante però è che noi liberali egiziani, gli Stati Uniti e l’Europa evitino di andare in cerca di qualcuno da demonizzare. Tutti hanno il diritto di esprimere la loro opinione e di lavorare per raggiungere i loro obiettivi, almeno finché si impegnano a rispettare la legge.

E’ un fatto però che i Fratelli musulmani stanno diventando sempre più forti…

In realtà a soli cinque mesi dalla rivoluzione, si sono già frammentati in cinque gruppi politici differenti. Questo è molto significativo, perché opprimere i gruppi islamisti è ciò che in passato ha garantito loro maggiore autorevolezza. Meglio quindi evitare di ripetere questo errore. Quello che abbiamo di fronte è un nuovo inizio per tutti gli egiziani, e tutti i partiti saranno giudicati in base al loro comportamento e al lavoro che saranno in grado di svolgere.

Qual è la ragione profonda degli scontri avvenuti martedì e mercoledì al Cairo?

Non dimentichiamoci quanto avvenuto martedì mattina: il governo ha preso una decisione storica, sciogliendo i Consigli comunali di tutto l’Egitto che erano ancora legati al precedente regime. E’ stato un passo enorme, e guarda caso la sera stessa si sono verificati gli incidenti. Tutto nasce dal fatto che per alcuni, tra cui una parte delle persone al potere, lo scopo della rivoluzione era solo quello di far cadere Mubarak. Mentre noi intendiamo cambiare l’intero regime, tutte le leggi e la Costituzione. Grazie alle continue pressioni dell’opinione pubblica, alla fine il governo ha ceduto alle nostre richieste. E quindi le violenze che hanno avuto luogo mercoledì sono da condannare, ma il movimento della società egiziana è positivo.

In molti però hanno espresso dubbi sui militari al potere in Egitto…

Quello che però osservo, dall’interno della società egiziana, è che la gente sta insistendo tenacemente sulla necessità di cambiare ogni cosa, per avere un Egitto completamente democratico e liberale. Martedì si stavano quindi tenendo delle manifestazioni pacifiche, quando sono arrivate delle persone armate di coltelli che hanno scatenato un’enorme battaglia per le strade del Cairo. Durante la rivoluzione i manifestanti non sono mai ricorsi alla violenza contro la polizia, all’inizio offrivano persino dei fiori ai militari. E’ chiaro quindi che qualcun altro, che si trovava insieme ai manifestanti, ha scatenato le violenze che poi hanno coinvolto le altre persone.

Quali sfide attendono l’Egitto nelle prossime settimane?

Per l’8 luglio i partiti liberali hanno organizzato una marcia di un milione di persone per chiedere una nuova Costituzione prima delle elezioni politiche. E’ su questo punto infatti che è in corso il principale conflitto politico tra partiti liberali e islamisti in Egitto. I partiti liberali non hanno ancora avuto il tempo di organizzarsi per il voto, mentre i Fratelli musulmani da 80 anni hanno dei legami molto solidi con i cittadini di ogni area del Paese. Se quindi le elezioni si terranno in settembre, i gruppi islamisti conquisteranno la maggioranza e potrebbero scrivere una Costituzione contraria alla laicità dello Stato.

Ma secondo lei chi dovrebbe avere il compito di scrivere la Costituzione?

La nostra proposta è quella di eleggere cento rappresentanti cui spetterà un ruolo di Padri costituenti. La Costituzione non dovrà infatti essere imposta da una maggioranza, qualunque essa sia, ma dovrà essere scritta da tutti gli egiziani incluse le minoranze, in modo che ciascun cittadino possa sentirsi rappresentato. Sia i partiti liberali sia i Fratelli musulmani vogliono uno Stato laico, ma esistono ampie divergenze sul modo con cui si debba raggiungere questo obiettivo. Ciò che accomuna tutti i partiti comunque è la convinzione della necessità di purificare lo Stato da ciò che resta del regime di Mubarak, cioè da questa enorme classe corrotta presente ovunque. Ovviamente queste persone non hanno nessuna intenzione di rinunciare al loro potere, ed è questa la ragione per cui sono avvenuti gli scontri di questi giorni.

(Pietro Vernizzi)