Si vota in Marocco. I cittadini sono chiamati alle urne per pronunciarsi sU una nuova Costituzione. Forse, la primavera del Paese nordafricano assumerà connotati diversi da quelli degli altri Paesi arabi a nordafricani. Ovvero, non è escluso che la transizione ad un regime democratico o maggiormente democratico possa avvenire senza i tumulti che hanno scosso gli altri Stati, e senza la cacciata dell’attuale regime. Tutto è iniziato domenica 20 febbraio, quando circa 300mila persone si mobilitarono in tutto il Paese. Si parlò di almeno 50mila presenze a Casablanca, 10 mila a Rabat, Tangeri, Agadir, Fes e Chefchaouen. Lo scrittore marocchino di fama internazionale Abdelhak Serhane, nello descrivere la Primavera marocchina, disse: «La manifestazione nazionale del 20 marzo in Marocco è un evento storico. Oltre ad aver espresso le attese e le volontà della massa cittadina, ha dato il via ad una decolonizzazione in ritardo di cinquant’anni. L’indipendenza, raggiunta nel 1956, è stata confiscata ai marocchini dall’“hizb istiqlal” (il “partito dell’indipendenza”,) a tutto vantaggio del trono alawita, in seguito ad una cospirazione tra i notabili del Marocco ed il protettorato francese». In sostanza, i manifestanti, hanno chiesto da allora la dissoluzione del regime in favore della democrazia. L’importante, per il Movimento 20 marzo a capo delle proteste, non è mai stata tuttavia, la cacciata del re, bensì la limitazione dei suoi poteri. Non importa che il futuro regime sia monarchico o repubblicano, ma che siano garantiti diritti e libertà. Ebbene: 13 milioni di cittadini marocchini recandosi alle urne potranno inverare tale desiderio. Mohammed VI, sull’onda degli avvenimenti degli altri Paesi, sembra aver deciso di assecondare in parte le richieste. La nuova Costituzione che si vota oggi con il referendum mira al riequilibrio dei poteri a vantaggio del Parlamento e del primo ministro.
Nella nuova architettura costituzionale viene ridefinita anche la figura del re stesso, che non presiederà più il governo. Questo sarà presieduto dal primo ministro, che avrà anche il potere di sciogliere il Parlamento. Il monarca, inoltre, resta il garante dell’unità dello Stato, ma perde il suo carattere sacrale, sostituita da un articolo che recita: «L’integrità della persona del re non può essere violata»