In Cina non ci sarà nessuna riforma democratica ,né alcuna apertura a forme di multipartitismo. Lo ha detto senza mezzi termini il premier cinese Hu Jintao che, evidentemente, non ha subito alcun condizionamento dai sommovimenti che nei paesi arabi e nordafricani hanno portato alla caduta di dittature decennali. In occasione dei 90 anni del partito comunista cinese, il premier ha tenuto un lungo discorso in cui ha spiegato che, attualmente, l’impegno sarà rivolto all’attuazione di riforme finalizzate allo sviluppo economico, alla stabilità e «all’armonia». Altro obiettivo primario, la lotta alla corruzione. Il premier, rivolgendosi ai delegati del partito, ha ribadito che il Paese continuerà a sviluppare la propria concezione di «democrazia socialista» e che i Partito comunista continuerà a governare. Con il concetto di armonia e di armonia sociale, più volte ribadito nel corso dell’intervento, si è riferito, con un eufemismo a tutte quelle misure atte a soffocare ogni forma di dissenso al regime, e a continuare a mantenere il controllo assoluto sui cittadini, anche con forme esplicite di schiavismo (i laogai), mediante carcerazioni, repressioni sistematiche, limitazioni di tutte le libertà fondamentali, esecuzioni e torture. Hu Jintano, poi, parlando del partito ha detto che sta attraversando una «difficoltà di crescita» e che dovrà evitare i rischi di «rilassamento e scarsa capacità di agire».
Con un monito che sembrava, più che altro, una minaccia neanche tanto velata, ha aggiunto: «E’ più urgente che mai per il partito imporre la disciplina ai suoi membri. Lo sviluppo del partito nel corso degli ultimi 90 anni ci ha insegnato che sanzioni rigorose e una reale prevenzione della corruzione sono elementi chiave per guadagnare o perdere il sostegno del popolo».