Se lo scorso 12 giugno ha marcato il più grande trionfo per l’Akp di Recep Tayipp Erdogan, soltanto pochi giorni dopo si è aperto un nuovo capitolo nella storia politica della Turchia, che si è trovata a fronteggiare una seria e importante crisi.
Per la prima volta dalla fondazione della Repubblica, la cerimonia di apertura del Parlamento è stata boicottata dai partiti all’opposizione poichè alcuni dei candidati eletti, in precedenza incarcerati perchè sospettati di atti terroristici e complotti contro il governo, non possono godere dell’immunità e ottenere i seggi che gli spettano all’interno dell’Assemblea nazionale.
Secondo quanto stabilito dai giudici, otto deputati non potranno sedersi in Parlamento e perciò due dei partiti in questione, il Bdp – Partito curdo – e il Chp – Partito repubblicano -, si sono rifiutati di giurare fedeltà come membri dell’attuale legislatura. Invece, il nazionalista Mhp, che ha comunque un seggio vacante, ha espresso il pieno rispetto per la volontà della nazione e ha preso parte ai lavori di apertura.
Alla base dell’atto di protesta del Bdp e del Chp c’è la convinzione che il Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp) eserciti una sorta di pressione sulle decisioni della Corte che trattiene in carcere i loro deputati. Da parte sua il governo si difende affermando non solo che il giudiziario esercita il proprio potere indipendentemente, ma che la crisi è l’esito di una strategia pianificata appositamente dall’opposizione per tentare di sminuire l’operato del governo.
Il boicottaggio, tuttavia, non ha bloccato il sistema e Recep Tayipp Erdogan è stato risoluto nel nominare i nuovi ministri e nell’apportare le modifiche annunciate alla struttura del nuovo gabinetto, abolendo otto ministeri, introducendendo sei e accorpandone e trasformandone altri due con un totale di 26 ministri, incluso il Primo ministro e i quattro vice. Ma la novità più importante è l’introduzione della figura dei vice ministri, nominati per assistere ogni ministro nei suoi compiti.
Questo è certamente un aspetto nuovo all’interno del sistema parlamentare turco e sottolinea ancora una volta il crescente potere del governo di Erdogan che, godendo di piena legittimità (così come dimostrato dal sorprendente risultato elettorale), esercita una posizione dominante in ogni ambito della sfera politica. E anche l’importante sostituzione del precedente ministro della Difesa con un giovane cresciuto nelle fila del partito, e quindi capace di fare gli interessi del governo nell’ormai storico braccio di ferro con le forze armate del Paese, lo dimostra chiaramente.
Mentre il Bdp continua a mantenere la propria posizione, il Chp, consapevole del rischio di rimanere emerginato dalle logiche decisionali, ha abbandonato la protesta, mostrandosi deciso a negoziare con l’Akp nella stesura della nuova Costituzione. Senza dubbio tale atteggiamento sottolinea la nuova impronta del partito di Kemal Kilicadroglu, che più volte si è contraddistinto per la sua inclinazione al dialogo.
Nonostante l’incarcerazione dei deputati legittimamente eletti continui, la notizia è stata accolta con favore anche dalla comunità internazionale e sia l’Europa che gli Stati Uniti sono stati concordi nell’affermare che la ripresa del processo legislativo è un segno importante di credibilità anche, e soprattutto, in riferimento al mantenimento delle riforme interne necessarie per completare il percorso di adesione all’Unione europea.
Il quadro però rimane fosco, se si considera che la continua autoesclusione dei candidati indipendenti curdi dal Parlamento ha contribuito ad aumentare gli attacchi terroristici del Pkk nel sud-est anatolico: nell’ultima settimana l’escalation di violenza ha portato all’uccisione di tredici soldati turchi e a uno strisciante malcontento di parte dell’opinione pubblica locale riguardo la gestione e la possibile soluzione della questione curda.
Ecco perchè oggi più che mai per la Turchia è importante, oltre che necessaria, un’opposizione forte e responsabile che in seno al Parlamento trovi il giusto compromesso per agevolare il processo democratico e affrontare le spinose issue dello stato della democrazia nel Paese, con particolare enfasi alla troppo limitata libertà di espressione.