I suicidi di gruppo organizzati sulla Rete non sono una novità, specie nei paesi orientali. Ci hanno provato adesso cinque ragazzi della Corea del Sud. Tre maschi e due donne che si erano conosciuti online. Dopo aver provato a uccidersi con il gas e non esserci riusciti, si sono dati appuntamento su un ponte, sopra il fiume Bukhan a Gapyeong, sessanta chilometri circa dalla capitale Seul. E si sono gettati di sotto. Quattro di loro risultano tutt’ora dispersi, una invece è stata salvata in qualche modo. Ha 24 anni e ha spiegato alle forze dell’ordine che prima di gettarsi dal ponte avevano tutti assunto dei sonniferi. Esistono diversi gruppi online che organizzano incontri tra aspiranti suicidi. La voglia di uccidersi va infatti spesso contro la paura di compiere il gesto, per cui questi gruppi funzionano proprio come punti di ritrovo di aspiranti suicidi che si sostengono a vicenda e quindi decidono di compiere il gesto insieme, in modo da andare fino in fondo senza scappatoie. Sono particolarmente diffusi in Giappone (il paese con il più alto tasso di suicide del mondo industrializzato, circa 25 ogni centomila abitanti), dove il suicidio è una caratteristica della società, ma stanno prendendo piede anche in altri paesi orientali come appunto la Corea del Sud. “Cerco ragazzi che vogliono morire con me nel tal giorno, nel tal posto e a questo modo” è il messaggio usuale che dà vita a questi appuntamenti comuni con la morte. La Corea attualmente contende proprio al Giappone il primato del numero di suicidi all’anno.Nel campo dei suicidi di gruppo, fanno testo a parte poi i suicidi organizzati da setet religiose. Il più tristemente famoso dei quali è quello avvenuto il 18 novembre 1978 in Guyana. Allora si uccisero tutti insieme quasi mille persone, esattamente 910. Il suicidio fu ordinato dal leader della setta religiosa del Tempio del popolo, il reverendo Jim Jones. Per l’esattezza, morirono 293 donne, 398 uomini e 219 bambini, tutti avvelenati con un cocktail al cianuro.
Il fenomeno dei suicidi organizzati tramite la Rete però è particolarmente inquietante per la quasi impossibilità di risalire agli organizzatori, che dopo essersi conosciuti organizzano il loro appuntamento con la morte senza lasciare tracce sui siti online. Il fenomeno dei suicidi organizzati online ha la massima diffusione come detto in Giappone e altri paesi orientali come la Corea del Sud, la Cina, ma ultimamente ha preso piede anche in diversi Paesi occidentali, ad esempio la Germania, l’Australia, la Norvegia, gli Stati Uniti e la Svezia. E’ un fenomeno che fortunatamente non tocca ancora l’Italia. Il primo caso conosciuto di suicidio di gruppo organizzato tramite la Rete è accaduto nell’ottobre del 2000 in Giappone. Sono casi che suscitano grande impressione e che normalmente vengono coperti dai media con grande risalto, in realtà non hanno questa diffusione di massa che sembra. Di fatto, i suicidi online in Giappone rappresentano il 2% dei casi di suicidi di gruppo e meno dello 0,01% dei suicidi in generale. Ma sono comunque in crescita: nel 2003 in Giappone erano 34 i casi di suicidio organizzato tramite Internet.
Nel 2004 se ne sono contati una cinquantina e nel 2005 erano saliti a 91 casi. Come si spiegano? Intanto va sempre ricordato che il Giappone ha da decenni il più alto quoziente di suicidi al mondo, quasi sempre riferiti alle stressanti condizioni lavorative che si vivono in quella nazione. I suicidi di gruppo poi si differenziano da quelli organizzati online perché di norma hanno a che fare con membri della stessa famiglia e non tra sconosciuti come avviene con quelli effettuati tramite la Rete. Inoltre, i suicidi online hanno per protagonisti quasi esclusivamente i giovani che hanno in comune, in molti casi una sola cosa: forme di depressione mentale. Per questo in Giappone è stato raccomandato un nuovo approccio nei casi di depressione: informarsi sempre se la persona in oggetto fa uso di Internet e quali siti frequenta e prendere parte alle discussioni nelle chat room dei siti che si occupano di suicidio.