È forse una delle poche volte nella storia del mondo arabo in cui davvero il popolo ha in mano le redini del proprio destino. Il Marocco ha dato e continua a dare lezioni di democrazia a tutto il mondo; dico continua a dare, perché l’Europa non lo sa, ma la piazza dei giovani che ha votato si al referendum ha letteralmente linciato gli estremisti che hanno provato a mettersi di traverso al nuovo futuro del Marocco. Il Marocco ha dunque detto si al suo giovane Re, Mohamed VI, che nemmeno stavolta ha tradito le aspettative di popolo, società civile e universo femminile.



A brevissimo giro di posta, peraltro, cadrà il Governo e si avrà davvero la possibilità di scrivere una storia nuova e radiosa, per un paese che ha davvero voluto e saputo interpretare l’unica via per non sprofondare nel buio. Attorno a sé il Marocco vede rivolte, distruzione, sommosse e guerra. Con lo spettro dell’estremismo alle porte, che tenta ogni giorno di assaltare la democrazia e la libertà degli uomini, delle donne e del popolo tutto. Certo, rimane chiaro che ogni riforma è migliorabile in alcuni suoi aspetti, ma il passo che il Marocco ha deciso con coraggio di fare è fondamentale. Decisivo per un Paese che voglia davvero crescere e disegnare le linee guida per tutto il mondo arabo.



So bene, come lo sanno bene tutti i marocchini, che l’estremismo tenterà ancora di infastidire questo processo evolutivo della democrazia marocchina, ma a sua volta l’estremismo ha capito a suon di spallate, che la partita non è vinta, anzi. La svolta del Marocco, di cui il risultato referendario è solo la straordinaria certificazione numerica, deve far riflettere sul fatto che le rivoluzioni e primavere non possono essere indotte, ma possono e debbono venire solo dall’interno di un Paese.

Seguire un modello di rivoluzione che arriva dall’esterno è un rischio, perché è e rimane sempre un prodotto non aderente al background culturale su cui poi dovrà innestarsi. Anche e perché non c’è mano straniera che saprà dirigere la svolta libertaria meglio di chi ce l’ha nel cuore e nella mente. E il Marocco ne è la più fervida esemplificazione concreta.



Cosa sarà dopo questa riforma il Marocco? Quello che ci preme sottolineare è quello che non sarà. Ovvero un paese in mano all’estremismo e all’oscurantismo. Quello che sarà lo lasciamo decidere ai giovani marocchini, che ne hanno il sacrosanto diritto, non fosse altro per coloro a cui, in altri paesi, questo diritto è stato strappato. Uguaglianza totale uomo-donna, eliminando quel misero concetto di quote che in Europa va tanto per la maggiore, libertà di culto, riforma costituzionale parlamentare e berbero equiparato all’arabo come lingua ufficiale. Era ovvio, data la portata storica che queste riforme avranno, che i giovani del Marocco votassero in massa un si deciso al referendum; del resto ci se lo aspettava ed era prevedibile, visto che i drammi della cosiddetta primavera araba ormai sono sotto gli occhi di tutti.

Cosa rimane, dunque, di questo referendum per le riforme? Rimane un popolo, questo si guidato dai giovani, che altrove sono stati clamorosamente estromessi, che difende con le unghie e con i denti il suo futuro e le sue aspettative di miglioramento. Rimane un Re, Mohammed VI, che studia da grande, per passare alla storia come colui che ha definitivamente lanciato il Marocco nel futuro e nell’enclave dei grandi della Terra. Non ci è voluto molto, alla fine, a far esplodere la primavera nel giardino del mondo: la luce del sole e i sogni dei giovani.