Ennesimo attentato kamikazein Afghanistan, attorno alle 7 di ieri mattina, di fronte all’ingresso di una base militare Usa. L’esplosione è avvenuta a Paktia, provincia sud-orientale del Paese. A farsi esplodere, è stato un anziano uomodi 70 anni, alla guida di un camion bomba. Al suo interno, sotto un carico di legna, era nascosto un ordigno. I militarisi sarebbero accorti per tempo del pericolo imminente e avrebbero sparato, uccidendo l’uomo che, in ogni caso, è riuscito a far saltare in ariail mezzo.
L’attacco è stato rivendicato dai talebani, che hanno millantato la riuscita del piano e di aver provocato decine di vittime. Secondo Rohullah Samoon, portavoce del governo, invece, non ce ne sarebbero state. Un attacco come tanti, come tutti quelli che, da troppo tempo, continuano a insanguinare la regione. Ma c’è una decisiva differenza: in questo caso, infatti, il martire“arruolato” per lo Jiahdnon è un baldo giovane in forze e in età da armi, ma un anziano signore. Una persona che, per qualunque cultura rientrerebbe tra quelle categorie che in guerra(ma, in generale, sempre) vanno protette, come le donne e i bambini. Eppure, ormai da tempo, vecchi, donne, bambini– ma anche disabili -, sono “arruolati” nella guerra del terrore dai talebani.
«Sostanzialmente è una nuova strategia che ha preso piede quest’anno», spiega a ilSussidiario.net Gian Micalessin, che in questo momento si trova proprio in Afghanistan. «Tra i talebaniè invalso l’uso di arruolare, ad esempio, i bambini per poi farli esplodere nei centri abitati. “Arruolati”, in realtà, non è un termine corretto. Il più delle volte vengono rapiti e venduti – spesso in Pakistan – per essere successivamente condotti in Afghanistan e diventare strumenti del terrorismo suicida». Il motivo è semplice: «passano facilmente i posti di blocco e possono venire impiegati per superare le misure di sicurezza. Lo stesso accade per i vecchi, per le donne o i mutilati; si tratta di persone che, almeno in questa fase, sono considerati insospettabili e possono essere infiltrati, ad esempio, in manifestazioni pubbliche per colpire esponenti del governo».
Tra le altre modalità recentemente ideate per uccidere, «quella delle bombe–turbanti, utilizzata durante il funerale di Ahmad Wali Karzai, il fratello del presidente afghano Hamid Karzai ucciso a sua volta in un altro attentato». Un uomo con un ordigno nascosto nel turbante, nel corso della funzione, ha ucciso, facendosi saltare in aria, altre 4 persone, tra cui un importante religioso e un bambino. Episodi drammatici che, tuttavia, non fanno che riflettere la debolezza degli attentatori: «Ci sono tipologie varie di attentati che tendono a seminare disordini e insicurezza ma che dimostrano che i talebani non hanno grande capacità di incidere a livello militare. Devono dimostrare di essere in grado di seminare il terrore e il panico, pur non potendo dominare sul terreno dove la Nato ha l’egemonia».
Il fenomeno degli attacchi suicidi, ha origini recenti: «è iniziato nel 2001, e deve imputarsi al fatto che alcune fazioni talebane hanno subito l’influenza del fondamentalismo islamico e di Al Qaeda». L’utilizzo di donne e bambini si deve, invece, probabilmente, all’influsso dei servizi segreti deviati pakistani. O del clan (ma possiamo considerarlo anche un network) degli Akkani, estremisti potenti, radicati nella regione e in grado di effettuare condizionamenti tra le fila dei talebani». Una cosa è certa: «si tratta di gruppi che non hanno alcun interesse per la vita umana».