Cinque miliardi di dollari da Iran e Iraq per finanziare il regime siriano e tre «nemici» storici come Iran, Arabia Saudita e Israele uniti dal timore di una caduta di Assad. Una vittoria dei ribelli libererebbe infatti i due terzi dei siriani, cioè la maggioranza sunnita, dal predominio di una piccola setta, gli alawiti, con effetti destabilizzanti sull’intera regione. E con la creazione di una situazione molto simile a quella irakena per i cristiani siriani, che rappresentano il 10% della popolazione del Paese. E’ l’interpretazione del generale Carlo Jean, intervistato in esclusiva da Ilsussidiario.net dopo i bombardamenti di Hama costati la vita a centinaia di manifestanti inermi.



Generale Jean, come valuta da un punto di vista militare i fatti siriani delle ultime 48 ore?

Hama e Deir el-Zour sono le roccaforti della Fratellanza musulmana e dell’opposizione al regime alawita. Nell’82 il padre di Assad aveva impiegato l’aviazione contro Hama, causando tra 10 e 30mila morti. Questa volta invece l’attuale presidente ha impiegato i carri armati e l’artiglieria, anche perché più sicuro della fedeltà dell’Esercito, di quanto lo fosse suo padre.



Ma come si spiega tanta ferocia, proprio adesso?

Attraverso una repressione molto forte, Assad spera di tranquillizzare la situazione. D’altra parte per lui e per gli alawiti è questione di vita o di morte, nel senso che se fanno concessioni ai sunniti, che sono molto più numerosi, saranno cacciati sulle montagne o massacrati nelle città.

Com’è la composizione della Siria, dal punto di vista etnico e religioso?

Il 10% della popolazione in Siria è cristiana e, se si tolgono alawiti, drusi e curdi, il restante 70% della popolazione è sunnita.

 

Per il pluralismo Assad è più un ostacolo o una garanzia?



 

Il partito Baath, al potere in Siria, ha imposto un regime secolare. Storicamente del resto il partito di Assad è stato fondato da un cristiano maronita insieme a un alawita e a un sunnita. Quello siriano è un regime sostanzialmente laico e pluralista dal punto di vista religioso. In questi giorni ha mostrato il suo volto duro, ma rispetto agli standard dell’Islam è abbastanza moderato, in particolare da un punto di vista religioso. I cristiani, che costituiscono il 10% della popolazione, vivono tranquilli sotto il regime e infatti in gran parte appoggiano Assad. Se per caso la rivolta dovesse vincere, cioè se vincessero i Fratelli musulmani, molto verosimilmente i cristiani siriani farebbero la stessa fine dei cristiani irakeni. In Iraq infatti i cristiani, non appena il processo di democratizzazione è stato avviato, i cristiani sono diminuiti del 50%. In molti sono scappati, perché erano perseguitati da tutti. E lo stesso rischiano i cristiani in Siria.

 

Quali sono i punti di forza e di debolezza del regime siriano?

 

Il regime si è consolidato e ha avuto dei successi economici. Le rivolte nelle due principali città del Paese, Damasco e Aleppo, sono praticamente inesistenti, perché chi ci vive sono numerosi uomini d’affari, borghesia e altri strati sociali favoriti dal regime alawita. Le rivolte sono avvenute invece nella terza e nella quarta città per dimensioni, cioè Homs e Hama.

 

Qual è invece la forza militare dei ribelli?

Quelle dei ribelli sono manifestazioni di massa, con barricate protette da folle inermi di persone armate con bastoni e forche che si scontrano con i carri armati. Oggi (ieri, ndr) è iniziato il Ramadan e quindi Assad ha concentrato i suoi sforzi per domare la rivolta prima del Ramadan e non durante. Generalmente inoltre il Ramadan è un mese di solidarietà e digiuno, che aumenta quindi la coesione di gruppo e favorisce le rivolte.

 

In un primo momento un intervento della Nato in Libia sembrava impossibile, poi invece è avvenuto. Accadrà lo stesso anche in Siria?

 

Non credo, la Nato si è accorta di avere fatta una sciocchezza in Libia, e quindi sarebbe troppo compierne una seconda in Siria. L’Arabia Saudita inoltre è contraria. Non dimentichiamoci che il re saudita era molto amico di Mubarak e lo vedeva come un elemento di stabilità dell’intera zona, e che poteva aiutare l’Arabia Saudita a contrastare l’Iran. Adesso quindi la rivolta in Siria non ha il sostegno di Riad, che teme che ci sia una diffusione delle proteste in grado di interessare anche le monarchie petrolifere del golfo, che finora sono rimaste relativamente tranquille.

 

Quali sono le altre potenze regionali che sostengono il regime siriano?

 

L’Iran e l’Iraq, che la scorsa settimana hanno dato circa 5 miliardi di dollari ad Assad, 3,5 miliardi l’Iran e 1,5 miliardi l’Iraq, mascherati da aiuti umanitari per dare da mangiare ai poveri siriani. Ma che in realtà consentiranno ad Assad di pagare la sua milizia, la Guardia repubblicana, garantendo così la propria sicurezza.

 

Perché Iran e Iraq sono disposti a investire tanto su Assad?

In primo luogo, la Siria è l’unico alleato dell’Iran in Medio Oriente e l’unico che appoggia gli Hezbollah sciiti, che sono il braccio armato dell’Iran sul Mediterraneo orientale. Ma non bisogna dimenticare che anche in Iraq la maggioranza, il 60% della popolazione, è sciita come Assad. Ed è lo stesso motivo per cui l’Iraq non ha dato il consenso alla permanenza di truppe americane oltre il dicembre 2011: si è trattata infatti di una scelta influenzata dall’Iran.

 

Intende dire che l’Iraq sta cadendo sempre più nell’orbita dell’Iran?

 

Esattamente. L’Iran è prevalentemente persiano, mentre l’Iraq è arabo. Fra persiani e arabi non sempre è corso buon sangue, la questione etnica è superiore a quella religiosa, ma la questione religiosa ha pur sempre una certa importanza soprattutto nel mondo islamico in cui tra religione e politica ci sono stretti collegamenti. Oltre che legami trasversali tra le varie gerarchie religiose.

 

Perché Assad non è ancora riuscito a stabilizzare il Paese?

 

I Fratelli musulmani siriani, che rappresentano i due terzi della popolazione, sono fortemente organizzati. E forse ricevono anche gli aiuti indiretti di Turchia e Israele. Anche se, da una caduta di Assad, Tel Aviv ha più da perdere che da guadagnare.

 

Perché?

 

La Fratellanza musulmana, se il conflitto prosegue, può essere dominata da elementi sempre più radicali, sempre più salafiti, che molto verosimilmente bloccheranno il processo di pace tra Israele e la Siria, sul quale era stata aperta una trattativa. Se infatti i Fratelli musulmani dovessero allearsi a elementi salafiti, soprattutto egiziani, finiranno per rappresentare un pericolo di una nuova guerra contro Israele.

 

(Pietro Vernizzi)