Hamas ha rotto la tregua informale con lo stato di Israele. Preoccupazione per gli sviluppi della situazione in Medio Oriente dopo gli attentati e gli scontri degli ultimi giorni. Dopo due anni e mezzo infatti Hamas ha dichiarato di voler interrompere la tregua con Israele: “Non esiste più nessuna tregua con il nemico” è quanto comunicato tramite le stazioni radio della striscia di Gaza. Ma non c’è solo questo elemento a far salire la tensione nella regione, e a far temere per una nuova possibile escalation. L’Egitto infatti ha ordinato al proprio ambasciatore a Tel Aviv di tornare in patria, chiamando per consultazioni quello israeliano al Cairo. Una decisione che non si vedeva esattamente da dieci anni, presa dopo l’uccisione in alcuni scontri – la cui natura al momento non è ancora stata chiarita del tutto – di alcune guardie di confine egiziane, rimaste coinvolte negli scontri tra le truppe israeliane e i palestinesi.



Intanto Israele ha scatenato l’ovvia e prevedibile reazione che segue sempre ad attentati contro la propria popolazione, con pesanti bombardamenti sui territori palestinesi. Il bilancio di questa reazione secondo fonti palestinesi è di quattordici morti, tra cui anche un bambino di 5 anni. Sommando ad essi i sette morti negli attentati agli autobus israeliani si ottiene il più alto numero di vittime dai tempi dell’Operazione Piombo Fuso di due anni e mezzo fa. Un quadro dunque preoccupante, che sommandosi alla situazione destabilizzante che si è creata in Siria nelle ultime settimane getta ombre inquietanti sul futuro prossimo della regione meodiorientale.



“Io spero di no, ma temo che la situazione possa evolversi in modo ancor più negativo” ha detto durante un collegamento telefonico da Israele Padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, a IlSussidiario.net. Ci si può dunque aspettare una ulteriore escalation di violenze? “Purtroppo negli ultimi tempi erano aumentati i segnali di un possibile aumento della violenza. Questi segnali erano diventati evidenti da quando si è parlato del riconoscimento dello Stato di Palestina da parte dell’ONU il prossimo settembre, un riconoscimento che Israele ha condannato nel modo più deciso”.



 

Lo scorso marzo si era infatti parlato della possibilità, nel corso dell’assemblea generale di settembre al Palazzo di Vetro di riconoscere ufficialmente lo Stato di Palestina: Israele ha minacciato azioni unilaterali contro questa possibilità. “Questo quadro ha portato allo sfociare di nuove tensioni e nuovi attentati” spiega Padre Pizzaballa. Hamas ha smentito la propria responsabilità nell’attentato agli autobus israeliani: “E’ assolutamente vero che in territorio palestinesi esistono da tempo cellule impazzite che non riconoscono più neanche l’autorità di Hamas” dice Padre Pizzaballa. “E’ altrettanto vero che le dichiarazioni rilasciate da Hamas al proposito non è detto che rispecchino necessariamente la realtà delle cose, sono dichiarazioni fatte appositamente per i media e per l’opinione pubblica”. In questo quadro è coinvolto anche l’Egitto che ha richiamato il proprio ambasciatore a Tel Aviv: “Le relazioni tra Egitto e Israele, dopo la fine del regime di Mubarak, non saranno certamente più positive come lo erano sotto il passato regime. Non si arriverà a un taglio dei rapporti diplomatici, ma sicuramente da quando è caduto Mubarak le relazioni fra i due Paesi si sono molto raffreddate. Va tenuto poi conto di un importante motivi economico dietro la tensione tra Egitto e Israele. E cioè che la fornitura di gas dall’Egitto a Israele è diventata ultimamente molto problematica”.

Israele ha reagito con il classico bombardamento di rappresaglia. “Sì, la classica reazione occhio per occhio dente per dente. Una reazione che ha come sempre il respiro corto, senza prospettiva. La soluzione deve essere politica, non può essere militare”.

Come è attualmente la situazione per i cristiani di Terra Santa? “Purtroppo non ci sono cambiamenti sostanziali. Anzi la situazione è la stessa. si riduce il numero dei cristiani che vivono qui, c’è sempre minor visibilità per loro, ci sono prospettive di lavoro, di vita sempre più a rischio”.

 

(a cura di Paolo Vites)