La lettura della Liturgia delle Ore Venerdì 26 agosto è stata da Geremia 4: “Ecco, egli sale come nubi e come un turbine sono i suoi carri, i suoi cavalli sono più veloci delle aquile. Guai a noi che siamo perduti!”.
Davvero una lettura preveggente e presaga per noi che siamo sulla costa est degli Stati Uniti, soprattutto qui a New York dove il sindaco ha ordinato per la prima volta l’evacuazione delle zone basse della città e il primo arresto intero della metropolitana e dei sistemi di treni leggeri in vista di una tempesta.
Anche se abito a Manhattan, adesso sono con la mia famiglia nella periferia di Long Island, dove c’è stata un’altra evacuazione storica della South Shore. Abbiamo doverosamente preparato, abbiamo legato tutto, abbiamo rifornito la casa di cibo e cominciato ad aspettare. L’attesa è la parte peggiore, soprattutto perché l’arrivo di Irene era previsto nel cuore della notte. Non eravamo molto entusiasti all’idea di venti con forza da uragano che avrebbero fracassato le cose nel buio. Ma la paura più grande era di perdere la corrente. Ho vissuto l’uragano Gloria (che era un temporale molto più grande) nel 1985 e non abbiamo avuto l’elettricità per una settimana.
Così, abbiamo aspettato ansiosamente: gli scaffali dei negozi erano vuoti, non si poteva comprare una torcia … c’era una calma innaturale. Non abbiamo sentito altro se non presagi di sventura provenienti dai media. Tra i sei canali di trasmissione locale, i tre canali locali via cavo, i tre canali nazionali via cavo e “The Weather Channel” abbiamo avuto servizi senza fine su quanto la tempesta sarebbe stata devastante. Solo che, una volta che si riusciva a capire quello che il cronista del meteo stava dicendo – con tutti i grafici, proiezioni e “coni di distruzione” – si poteva vedere che la tempesta, quando ci avrebbe raggiunto, sarebbe arrivata indebolita. Ma continuavano a parlare del tragico destino che ci aspettava.
Poi è venuta. Non è stato facile andare a letto con tutto il vento e la pioggia che si schiantavano contro le finestre, e quando ci siamo svegliati, era ancora in corso. Tuttavia, non era poi così male per noi. In realtà non eravamo sicuri del momento in cui Irene avrebbe dovuto raggiungere Long Island, ogni canale ha dato un orario diverso. Continuavo a pensare che il peggio dovesse ancora arrivare, ma in realtà era già passato.
Certo, ci sono molti alberi giù, la corrente è saltata in molte aree e c’erano inondazioni dappertutto. Ma non era la tempesta da fine del mondo che ci hanno dipinto. Manhattan non era annegata. Le spiagge non sono scomparse. C’erano, ovviamente, tanti problemi. Ho appena saputo dal mio amico John che egli è dovuto evacuare a causa di gravi inondazioni. I miei genitori sono da mio fratello, perché la corrente là dove abitano è saltata. Ma il cataclisma non c’è stato.
Mio fratello ha osservato che hanno ingigantito questa cosa dell’uragano perché nessuno crede più in Dio. È venuto a mancare il senso delle proporzioni o la coscienza del fatto che la natura non ha l’ultima parola. Cerchiamo di estendere il più possibile il nostro controllo, di fronte a un uragano che è incontrollabile. Inoltre, non si vuol correre il rischio di fare troppo poco, e si desidera mantenere più persone possibili fuori pericolo. Ma a volte ciò che vien fatto sembrare la fine del mondo finisce per essere solo un sacco di pioggia. E un sacco di vento.
(Louis Giovino)