La scenario si complica. Il capo di Stato maggiore dell’esercito di Gheddafi ha cambiato casacca. Non è ancora chiaro che colori deciderà di indossare. L’unica cosa certa è che ha abbandonato il rais. Resta da capire se si schiererà con i ribelli o contro di loro. «E’ l’ennesimo sintomo della frammentazione del Paese; difficilmente si arriverà ad una forma di stabilizzazione in breve tempo», è il commento di Arturo Varvelli, ricercatore dell’Ispi interpellato da ilSussidiario.net. Le sue previsioni non sono azzardate. Il generale Massoud Abdelhfid ha, infatti, dato vita al Consiglio militare transitorio per la Libia meridionale e centrale. Le guarigioni di otto città, tra cui Sebha e Sirte, dove è nato il Colonnello, sarebbero entrate a far parte dell’organismo. L’esercito così costituitosi rimane distinto dal Cnt di Bengasi, con il quale collaborerà per giungere ad una transizione democratica. Fino a quando? è, tuttavia, la domanda fondamentale a cui rispondere. Sui reali obiettivi della nuova entità gravano sospetti e incertezze, accresciuti dall’assoluta mancanza di attendibilità del suo comandante. Fino a poche ore fa, un fedele di Gheddafi. «Lo scenario è ancora nebuloso. Credo che l’operazione sia stata effettuata con l’intento di non subire, in futuro, rappresaglie da parte dei rivoltosi e di far valere, in qualche modo, la propria defezione. Attualmente, infatti, tradire Gheddafi significa mettersi nelle mani del Consiglio nazionale di transizione (Cnt). Così facendo, il generale avrà modo di contrattare da una posizione di forza, dopo aver occupato, magari, alcune zone del Paese». Questa è un’ipotesi che assume come dato verificato il fatto che tale esercito realmente esista. Ma non è detto. «Bisogna comprenderne l’effettiva entità; mi sembra, onestamente, una trovata estemporanea. Abbiamo pochi elementi per dare un giudizio». Di certo, non rappresenta un buon auspicio: «ci fa capire come una riconciliazione nazionale, a breve termine, sia irrealizzabile. Lo stesso Cnt, del resto, è al suo interno estremamente frazionato: il governatore militare di Tripoli è un estremista di Al Qaeda; il comandante dei ribelli, Abdel Fattah Younes, è stato ucciso giorni fa dai ribelli stessi, quelli facenti capo alla fazione islamica più integralista; la popolazione insorta, infine, difficilmente si farà comandare da persone che, fino a pochi mesi fa, erano nelle grazie di Gheddafi, come i vari Jabril». Improbabile, in sostanza, che il Cnt possa resistere nel tempo così com’è costituito. 



«Nel giro di 6, massimo 8 mesi – continua Varvelli – gli attori in gioco spariranno dalla scena o il loro ruolo sarà fortemente ridimensionato. Anche gli accordi che, in questi giorni, vengono stipulati con loro lasciano il tempo che trovano. Non sappiamo, infatti, quali saranno i leader futuri del Paese». Ricapitolando: le forze in campo schierate in opposte fazioni sono: i fedeli di Gheddafi, Gheddafi stesso, la popolazione armata da lui, il fantomatico Consiglio Militare Transitorio della Libia meridionale e centrale e il Cnt – a sua volta fortemente frammentato; resta da capire, a questo punto, se vi siano alternative alla guerra civile. «Credo che, nelle prossime 3-4 settimane – sempre che Gheddafi venga catturato, perché altrimenti ogni previsione salta – si renderà inevitabile un intervento armato con truppe terrestri o, perlomeno, una sorta di peacekeeping». Dovranno essere, in ogni caso, i ribelli stessi a chiedere all’Occidente di intervenire «in maniera da eliminare ogni dubbio su residui di colonialismo». Difficile che busseranno alle nostre porte, ma sempre più probabile di una richiesta alla Lega Araba o all’Unione Africana. «I rivoltosi pensano che la prima abbia l’interesse a dominare sulla Libia, mentre hanno percepito l’atteggiamento della seconda come estremamente ambiguo perché ha tentato, fino all’ultimo, di mediare con Gheddafi». Con quest’ultimo ogni accordo è, ormai, da escludersi. Nessuno ha intenzione di procedere ad una transizione morbida. «Non è interesse dei rivoltosi, che sentono di avere la vittoria in pugno, né delle forze occidentali, che credono di aver in mano il Paese. Inoltre, ritagliare per Gheddafi qualche ruolo in seno alla nuovo regime avrebbe un effetto destabilizzante». 



 

(Paolo Nessi

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