«Il Consiglio nazionale transitorio (Cnt) è legittimato anche dall’appoggio dell’Onu al mantenimento dell’unità della Libia, e la sua legittimazione interna è dovuta proprio al fatto di questo sostegno internazionale. Di conseguenza il Cnt sicuramente ha le possibilità di potersi affermare come governo transitorio della Libia per poter organizzare le elezioni. È difficile dire cosa potrà accadere, perché in tutte le rivoluzioni i gruppi organizzati più radicali finiscono per prendere il potere». Il generale Carlo Jean, intervistato da IlSussidiario.net, commenta i recenti sviluppi della situazione libica, cominciando con l’Algeria, che ha fatto sapere di aver ospitato i familiari di Muammar Gheddafi: «L’Algeria è sempre stata in ottimi rapporti con Gheddafi, in particolare Abdelaziz Bouteflika, e questi ottimi rapporti sono anche dati dal fatto che l’Algeria teme almeno due possibili contagi della situazione libica sulla propria popolazione: il primo è un contagio islamista, perché sappiamo bene che il più influente capo militare degli insorti a Tripoli, chiamato “l’afgano” perché aveva combattuto a lungo in Afghanistan e in Iraq, è un esponente della branca islamista che partecipa alla rivolta».



E il secondo?

In secondo luogo, un importante successo in Libia è stato conseguito dalle popolazioni berbere delle montagne di Gebel Nefusa, che sono sicuramente collegate con le varie tribù berbere esistenti soprattutto nella Cabilia algerina, luogo della rivolta anche islamica contro il governo di Algeri, e che si considerano penalizzate e emarginate dal potere e dalla ricchezza. Questi due fatti hanno contribuito a far sì che l’Algeria sia stato uno dei pochi Paesi arabi che non ha riconosciuto il Consiglio nazionale transitorio di Bengasi. La Tunisia invece, per gli stessi motivi, ha riconosciuto il Cnt solamente il 21 agosto, quindi dopo molti mesi che il Consiglio era già stato riconosciuto da Francia, Italia e da altri membri della coalizione.



Qual è la fisionomia attuale del Cnt?     

Il Consiglio nazionale transitorio ha otto dei suoi membri a Tripoli, ha aumentato da 31 a 40 il numero dei suoi componenti per dare maggiore rappresentatività alle popolazioni della Tripolitania e ha nominato un responsabile della sicurezza a Tripoli, che però è stato rifiutato dalle milizie di Misurata, in quanto ex generale di Gheddafi che in un primo tempo aveva effettuato le repressioni della rivolta di Misurata per conto di Gheddafi. Successivamente ha cambiato schieramento, ed è diventato uno degli esponenti degli insorti.

In che modo può continuare a resistere Gheddafi ora che è nascosto?



C’è la possibilità che Gheddafi possa operare una resistenza prolungata o una destabilizzazione di tipo iracheno. Si spera che sia comunque di tipo iracheno e non somalo, cosa teoricamente possibile data la frammentazione della società libica in 140 tribù. La Libia ha però un grande vantaggio, rappresentato dal petrolio e dal gas, che possono essere utilizzati solo in maniera centralizzata e sfruttabili dal popolo libico solamente in situazioni di relativa stabilità e di ordine pubblico.

Che vantaggi portano questi fattori?

Fanno sì che la situazione non sia così tragica e tra pochi giorni, quando si riunirà a Parigi il Consiglio “Amici della Libia”, vedremo gli ulteriori sviluppi. Gheddafi continuerà comunque ad avere il supporto di stati come l’Uganda, il Niger, una parte del Ciad e il Mali, che hanno ricevuto da lui parecchio denaro. La frammentazione della Libia in tribù spiega anche l’accanimento con cui il regime lealista di Gheddafi continua a combattere, per esempio a Sirte o a Saba.

Come cambia ora la posizione di Francia e Italia?

Francia e Italia hanno un grande interesse congiunto, cioè quello di rendere stabile la situazione in Libia, comunque vadano le cose. Se dovesse diventare instabile, la Libia rischia di diventare innanzitutto un rifugio di terroristi, e il caos che si creerebbe sarebbe facilitato dalla mancanza di unità tra gli europei.

Come crede che sarà la nuova Libia?

Spero che la situazione si stabilizzi, e che il Consiglio nazionale transitorio riesca a prenderne il controllo, e in particolare che riesca a disarmare le milizie più radicali che, se continuassero ad esistere, anche quelle più secolari espressione della società civile, non si fermerebbero, creando così una situazione di guerra civile diffusa.

 

(Claudio Perlini)