Un’esplosione è avvenuta in un forno della centrale nucleare di Marcoule, nella Linguadoca-Rossiglione, nel sud della Francia, che dista poco meno di 200 chilometri da Argentera, il comune italiano più vicino, in provincia di Cuneo, mentre in linea d’aria Ventimiglia dista 242 chilometri. L’esplosione, che sarebbe avvenuta a seguito di un incendio in un sito di trattamento di scorie nucleari, ha provocato la morte di una persona e il ferimento di altre tre, di cui una in modo molto grave, e ora è alto il rischio di fuga radioattiva. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco per creare un perimetro di sicurezza e contenere così eventuali perdite, ma ancora non è chiara la gravità dell’incidente. Un portavoce della Commissione per l’Energia Atomica ha fatto comunque sapere che in questo momento non vi è rilascio verso l’esterno e che l’incidente è avvenuto nel sito Centraco della società Socodei, controllata dal gruppo Edf. La centrale nucleare di Marcoule, la prima entrata in funzione in Francia nel 1955, è formata da tre reattori Ungg (la versione francese del Magnox inglese) e da un prototipo del reattore autofertilizzante Phenix, e fa parte del più ampio sito nucleare industriale gestito da Areva e dal Cea. Ancora non si conoscono gli eventuali rischi per il nostro Paese, ma il Dipartimento della Protezione civile sta collaborando con l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e con i Vigili del fuoco per monitorare la situazione a seguito dell’esplosione. IlSussidiario.net ha contattato il noto meteorologo e climatologo Andrea Giuliacci, che spiega quali potrebbero essere i rischi per l’Italia: «Purtroppo oggi le correnti spingono proprio da quelle zone verso i margini della nostra Penisola e verso i nostri mari a Ovest, quindi se dovesse esserci una fuga radioattiva in effetti non siamo poi così lontani. I rischi legati al materiale radioattivo li conosciamo tutti: l’incendio all’interno della centrale nucleare produce delle polveri radioattive che vengono immesse nell’atmosfera e, trascinate dalle correnti, possono arrivare anche sul nostro Pese. Il rischio è quello di inalare queste polveri, che in quanto radioattive sono nocive per l’organismo. Inoltre possono anche depositarsi al suolo, contaminarlo, e per esempio essere assorbite dai vegetali. Anche anni dopo l’esplosione della centrale di Cernobyl, soprattutto sul triangolo Lariano, andando a misurare il contenuto di radioattività delle piante e dei vegetali, si trovavano valori al di sopra del normale, perché questo materiale ci mette decenni per scomparire». Giuliacci spiega che è comunque necessario capire se ci sia stato un incendio, “perché l’aria calda, come anche il fumo e le polveri, sono più leggeri dell’aria circostante e quindi tendono a salire verso l’alto. E se raggiungono quote di qualche migliaio di metri vengono agganciate dalle correnti che scorrono nella media atmosfera, e possono quindi viaggiare anche per centinaia di chilometri. E come già detto, oggi le correnti tendono a scorrere da quelle zone verso l’Italia, o quantomeno verso i margini della Penisola, e se ci saranno fuoriuscite importanti di materiale radioattivo il rischio che qualcosa arrivi sul nostro Paese è molto alto”.
Andrea Giuliacci spiega poi che “in questi casi, cioè quando del materiale radioattivo viene immesso nell’atmosfera, non c’è molto da fare per difendersi, soprattutto contro le correnti atmosferiche. I consigli, come anche dopo Cernobyl, sono sempre gli stessi: evitare di mangiare verdura fresca perché potrebbe essere in parte contaminata e cercare di esporsi il meno possibile. La buona notizia è che in questi giorni non pioverà: quando l’aria è inquinata per lo smog la pioggia è un toccasana perché ripulisce l’atmosfera, ma l’inquinamento è un qualcosa che ristagna sulle nostre città. In questo caso si tratta invece di polveri che passeranno sulle nostre Regioni e, se non dovesse piovere, continueranno il loro viaggio e probabilmente si poseranno solo in parte sul nostro suolo. Se invece dovesse piovere, grandi quantità di polveri radioattive andrebbero a cadere laddove cade la pioggia, che trascina con sé a terra anche il pulviscolo, portando quindi maggiori rischi”.
Tuttavia, Silvio Bosetti, Direttore generale della Fondazione Energy Lab, rassicura sulla situazione, spiegando a ilSussidiario.net che «anzitutto, l’agenzia per la Sicurezza Nucleare Francese, tempestivamente e in maniera chiara, ha fatto sapere che non ci sono fughe radioattive. Questo elemento va assolutamente sottolineato. Non siamo, infatti, di fronte ad un caso analogo a quello giapponese, dove la fonte principale di informazioni, all’inizio del disastro di Fukushima, fu la Temco, la medesima azienda che gestiva l’impianto dove avvenne l’incidente. Qui siamo in presenza di un’istituzione estremamente autorevole e attendibile. Si tratta di un organo terzo, preposto dallo Stato alla tutela della salute dei cittadini». Anche la situazione non è lontanamente paragonabile: «trattandosi di un sito di smaltimento delle scorie – continua Bosetti -, non siamo in presenza di combustione in atto o elevate temperature. La diffusione di radioattività nell’aria avviene quando il vapore acqueo sprigionato da un liquido entrato in contatto con le barre si mescola all’aria, e viene trasportato dalla correnti atmosferiche. Date le premesse, questo non piò accadere».
(Claudio Perlini)
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