Parlando a uno dei più popolari talk show televisivi americani, il premier turco Erdogan attualmente in visita negli Stati Uniti ha rilasciato una serie di dichiarazioni sul valore della laicità turca e di come la Turchia si possa definire un Paese esemplare: “Con la sua popolazione a maggioranza musulmana dimostra che la democrazia e l’Islam possono coesistere”. Parlando con il giornalista televisivo Charlie Rose, Erdogan ha poi detto come non siano gli individui a essere laici, “ma lo Stato è laico. E lo Stato mantiene una pari distanza rispetto a tutti i gruppi religiosi. Lo Stato è il garante di quei gruppi”. Per poi ricordare che l’islam non accetta il terrorismo: “Se un musulmano diventa un terrorista significa che ha dei seri problemi. Non ha nulla a che vedere con l’Islam”. Non è del tutto d’accordo con questa affermazione di laicità turca il professore Camille Eid, giornalista, docente di Lingua araba nell’Università Cattolica di Milano, contattato da IlSussidiario.net per avere una opinione su quanto detto dal primo ministro turco. “La Turchia si definisce Stato laico sin dalla nascita della Repubblica turca” spiega Eid. “Erdogan ha voluto ribadire questo concetto come una autentica separazione tra sfera politica e sfera religiosa, ma non è così. Sin dalla sua nascita, lo Stato turco ha cercato di controllare l’islam. Esiste infatti un dipartimento statale che controlla ogni aspetto dell’islam, dalla formazione alla nomina degli imam nelle moschee. L’etichetta laica applicata alla Turchia di fatto non è esiste, è un concetto di laicità in salsa islamica”.
Professore, si può dire che il modello turco di laicità sia pur con le sue contraddizioni, il meglio di quanto esprimano oggi i Paesi a maggioranza islamica?
Nella situazione attuale si può certo dire che il modello turco sia quanto di meglio i Paesi islamici sappiano esprimere in termini di democrazia, ma è anche vero che si è arrivati a situazioni estreme nel senso opposto che hanno rasentato il ridicolo.
Del tipo?
Quando ad esempio venne proibito il velo, si vedevano ragazze andare in università con delle parrucche per non mostrare i loro veri capelli esattamente come si fa con il velo. Adesso questi estremismi sono stati un po’ ridotti per non inasprire gli animi. Il modello turco è sì proponibile, ma ricordiamoci che la Turchia non sta facendo quello che fa per beneficenza: la Turchia vuole recuperare un ruolo di influenza sulla regione medio orientale.
Prima di andare negli Stati Uniti, Erdogan ha compiuto un tour nei Paesi del Nord Africa.
Esattamente. La Turchia sta proponendo ai nuovi regimi nati dalle rivoluzioni nord africane, Tunisia, Libia ed Egitto, il proprio modello di laicità, il suo tour in quei Paesi ha avuto proprio lo scopo di far propaganda al modello turco.
Che reazioni ha ottenuto la sua proposta?
Alcuni, come i tunisini, hanno detto di voler applicare questo modello e stessa cosa hanno detto alcuni leader dei Fratelli musulmani che già da tempo dicevano di voler guardare al modello turco per dire che erano sfavorevoli all’idea di stato islamico. In arabo esistono due modi di definire la parola laicità, e uno di essi, quello usato in questo momento, significa proprio stato civile che è alternativa a stato islamico. Gli ultimi a sostenere il modello turco sono poi i fratelli musulmani siriani che hanno le loro basi proprio in Turchia e hanno una importanza assai rilevante per quanto succederà in Siria.
Il primo ministro turco è molto attivo sullo scacchiere internazionale in questo periodo.
Erdogan di fatto sta giocando una partita per inserirsi come Paese leader sullo scacchiere medio orientale, dove fino a poco tempo fa la Turchia era guardata molto male dai Paesi arabi in quanto membro della Nato e alleata degli Stati Uniti, con gli Usa che premevano fortemente affinché la Turchia entrasse nell’Unione europea. Da due anni però questo scenario è cambiato, da quando Erdogan ha cominciato a mettersi contro Israele.
Che cambiamento ha comportato tutto questo?
Che la Turchia è adesso ben accolta dai Paesi arabi, ma allo stesso tempo c’è un timore di fondo. Certo, la Turchia può controbilanciare l’influenza iraniana sul medio oriente, particolarmente forte in Siria, Libano e golfo arabo, ma allo stesso tempo ci si domanda: mi vuoi aiutare o vuoi solamente spartirti la torta del potere con l’Iran?
C’è una chance che i rapporti tra Turchia e Israele possano riprendere? In questi giorni Erdogan ha detto che si è valutata anche l’opzione militare contro Israele in seguito all’uccisione degli attivisti turchi lo scorso anno da parte degli israeliani. Ma che vi hanno rinunciato perché sono un grande Paese.
I rapporti fra Turchia e Israele non riprenderanno in termini brevi, altrimenti la Turchia perderebbe quella nuova autorità che sta acquistando tra i Paesi arabi. Basti vedere come Erdogan sta sbandierando la questione palestinese o quella nord africana, parlando esplicitamente al plurale: “I nostri popoli”. Ma poi piano piano tutto tornerà come prima: Obama ha fatto grosse pressioni su Erdogan perché non si arrivi alla rottura totale con Israele. Al momento l’unico punto di contatto tra Turchia e Stati Uniti è l’approccio sulla questione siriana, dove la Turchia ha un ruolo essenziale.
(a cura di Paolo Vites)