Anche la Svizzera dice addio al nucleare. Si libererà in maniera progressiva degli impianti che producono energia atomica. Dopo il parere favorevole del Consiglio Nazionale, anche il consiglio degli Stati, con 30 voti a favore e 8 contro, ha propeso per la decisione di non lasciare più le autorizzazioni necessarie per costruire nuove centrali. Quelle attualmente funzionanti, invece, saranno disattivata una volta che avranno raggiunto i 50 anni di vita. Ora la decisione tornerà alla Camera Bassa. La Svizzera, che ha cinque reattori situati nella zona orientale, chiuderà i il primo nel 2019. L’ultimo, invece, sarà quella di Leibstadt nel 2034. Tuttavia, i senatori hanno introdotto una clausola, una postilla, in virtù della quale non sarà «pronunciata alcuna proibizione di tecnologia». Significa che si lasciano aperte le porte alla ricerca in ambito nucleare. Un noticina che secondo la sinistra non fa altro che rendere l’interpretazione della decisione ambigua. Secondo Robert Cramer, dei Verdi, non farebbe altro che generare confusione nel momento in cui sarebbe opportuno lanciare un segnale chiaro e definito al mondo economico perché si decida a investire nelle energie alternative.



La verde liberale Verena Diener, dal canto suo, ha replicato che il testo non presenta alcune ambiguità ma rappresenta un compromesso necessario per salvaguardare, in qualche modo anche le ragioni dei fautori del nucleare. In sostanza, la clausola non esclude che in futuro, se la situazione risulterà modificata e la ricerca scientifica troverà soluzioni atomiche sicure, no è detto che la politica non possa tornare sui suoi passi. Secondo Doris Leuthard, ministro svizzero dell’Energia, è giunto il momento di riparare al ritardo che il Paese ha raggiunto ad oggi, puntando sulle energie rinnovabili. Il ministro si è detto convinto che si tratta di un passo necessario per preservare il futuro delle generazioni future. Specialmente, alla luce del disastro di Fukushima, in Giappone, quando l’11 marzo un  terribile tsunami provocato da un maremoto danneggiò gravemente la centrale, producendo un’ingente fuoriuscita di materiale radioattivo.



 La confindustria elvetica si è detta profondamente dispiaciuta di come le cose siano andate e ha sottolineto che, in ogni caso,si è trattato di una «prima decisione parlamentare in un lungo processo politico».

 

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