E’ il cattolico Rick Santorum, conservatore e molto vicino alla Dottrina sociale della Chiesa sui temi etici, il vero vincitore delle primarie repubblicane in Iowa. Alberto Simoni, vice caporedattore degli Esteri a La Stampa e curatore dello Speciale Elezioni Usa del quotidiano torinese, sintetizza così il quadro che emerge dopo la nuova tornata delle Primarie del GOP (il Partito Repubblicano). Come spiega in un’intervista a IlSussidiario.net, sono tre le anime del partito, ciascuna di esse irriducibile alle altre: quella moderata del milionario mormone Mitt Romney, quella conservatrice di Santorum e quella libertaria del texano Ron Paul. Separati da soli otto voti Romney e Santorum, rispettivamente al 25,6% e 25,5%, mentre Ron Paul totalizza il 22% delle preferenze. Per Simoni, se Santorum promette di essere la stella dei cattolici in campo bioetico, la vera sfida con Obama si giocherà sulle questioni economiche e sociali come la lotta alla povertà. Intanto gli occhi di tutti sono già puntati sul New Hampshire, dove si voterà il 10 gennaio prossimo.
Simoni, che cosa emerge dalle primarie repubblicane in Iowa?
Il vero vincitore è Rick Santorum. Ha perso per otto voti, ottenendo il 25,5% delle preferenze contro il 25,6% di Mitt Romney. Romney ha preso più o meno gli stessi consensi di quattro anni fa, e questo è il suo più grande punto interrogativo. Significa che quattro anni non gli sono bastati a risolvere i suoi problemi: non è riuscito a conquistare i conservatori e ad aumentare i voti, e si ritrova con la stampa e la base del Partito che lo osteggiano. E quindi non ha nemmeno le doti dell’unificatore. Quest’anno la sua fortuna è che non c’è un John McCain in grado di insidiarlo già dal prossimo appuntamento elettorale in New Hampshire. Quindi Romney resta ancora il favorito, ma chiaramente la sua stella si è appannata. Santorum invece in Iowa ha condotto una campagna tradizionale battendo palmo a palmo tutte le 99 contee e avendo a disposizione pochissimi soldi, pochissimi mezzi e riuscendo a creare una organizzazione snella ma efficientissima e a mobilitare la base sui temi cari ai conservatori. Tra questi la difesa della vita, i valori tradizionali, il ruolo della religione, uno Stato poco invasivo, un’economia di libero mercato e la sfida al “tentacolo” del governo federale.
Più in generale, qual è lo schieramento repubblicano che emerge da queste elezioni?
Il problema che emerge dalle primarie repubblicane in Iowa è che il partito repubblicano è frammentato. Da una parte c’è Romney che è il candidato dell’establishment e dei moderati, tanto che mercoledì John McCain ha annunciato che lo appoggerà. Un fatto significativo, se si ricordano le polemiche tra i due nel 2008. Ma se si analizzano le preferenze di Santorum, Romney, Newt Gingrich, Rick Perry e Ron Paul, si osserva che i Repubblicani hanno dilapidato quelli che erano stati i voti e i successi raccolti nell’Iowa da Mike Huckabee. Il grande interrogativo, entrando nel prossimo turno delle primarie in New Hampshire e South Carolina, è se i conservatori riusciranno a riunirsi intorno a un unico candidato e chi è quello più forte in prospettiva. I nomi sono due a questo punto: Romney e la sorpresa Santorum.
Chi vincerà?
La risposta dipenderà molto da quanto accadrà nei prossimi due o tre giorni. Se Santorum riuscirà a ottenere una buona copertura mediatica, aumentare i finanziamenti, la visibilità e l’organizzazione sul territorio, e conquistare un buon risultato alle primarie in New Hampshire, allora potrebbe essere lui il volto dei conservatori. Se dovesse ottenere un risultato mediocre, potrebbe tornare in alto la stella di Romney, e allora i Repubblicani potrebbero coalizzarsi su di lui, risultato vincitore in South Carolina. Quello che ci insegna l’Iowa insomma è che se prima in campo repubblicano c’era confusione, oggi ce n’è ancora di più. Esiste anche un terzo filone repubblicano, il pensiero libertario legato al texano Ron Paul, che ha ottenuto il 22% dei voti. Una delle prossime sfide del partito nella ricerca del candidato e del suo identikit sarà capire come queste tre anime possano andare d’accordo. Come Romney non va d’accordo con i conservatori di Santorum, nessuno dei due vede di buon occhio Ron Paul.
Qual è invece il candidato più rappresentativo dei cattolici americani?
Se nei decenni passati i cattolici Usa tendevano a votare per il Partito Democratico, nel 2004 c’è stata la svolta con il sostegno a George W. Bush. Da allora, la posizione pro-democratici del mondo cattolico non è più così netta. Se guardiamo la carta d’identità, il candidato ideale dei cattolici in questa tornata elettorale può essere proprio Santorum. Non solo perché è a sua volta cattolico, ma anche per il ruolo che la religione riveste nella sua vita e nei temi della sua campagna. I due divorzi alle spalle di Gingrich rischiano di far dimenticare agli elettori che anche lui è cattolico. Tuttavia, se vogliamo guardare ai temi eticamente sensibili, è ancora la galassia repubblicana a offrire le maggiori certezze su quelle che sono le posizioni della Chiesa americana. La ricerca sulle cellule embrionali e il contrasto all’aborto trovano una sensibilità nel mondo repubblicano, che sicuramente non hanno in Obama.
Quindi i cattolici voteranno per i Repubblicani?
La realtà è più complessa. Il panorama cattolico americano del resto è molto composito, come quello italiano. Ricordo per esempio che nel 2008, durante le primarie tra Hillary Clinton e Obama, il mondo cattolico era molto più vicino alla prima, che pure è un’ex femminista con posizioni molto estreme sulle questioni etiche. Aveva però quella sintonia e quella vicinanza alla Dottrina della Chiesa sulle questioni sociali, che aveva entusiasmato parte del mondo cattolico soprattutto di quegli Stati come l’Iowa e la Pennsylvania dove all’epoca la crisi economica si faceva particolarmente sentire. Sarebbe sbagliato quindi ridurre il voto cattolico semplicemente alla questione di chi difende meglio i valori eticamente sensibili e la vita in tutte le sue forme. Il mondo cattolico americano per esempio ha recepito bene la riforma della sanità voluta da Obama.
Quali sono le contromosse di Obama in vista della sfida finale con il candidato repubblicano?
Obama ha scelto non a caso la data di martedì sera per lanciare la sua campagna, con un video rivolto ai suoi attivisti che punta a togliere visibilità ai Repubblicani. Quanto è successo in Iowa lo agevola, e gli consente di continuare a tenere aperte diverse soluzioni strategiche in vista del duello di novembre. L’incubo di Obama è di trovarsi di fronte a un Romney stellare, sicuro vincente e quindi candidato presidenziale dei Repubblicani di fatto già dalla fine di gennaio. Questo scenario non si è verificato, e il fronte repubblicano frammentato consente a Obama di guadagnare tempo ed essere lui stesso, magari indirettamente, il maggiore beneficiario di questo risultato. Obama deve ora galvanizzare la sua base elettorale, delusa nelle sue aspettative, e rappresentata da giovani, comunità afroamericana e soprattutto liberal. Sta cercando di andare a caccia dei consensi negli Stati dell’Ovest, dove si è insediata una quota crescente di ispanici che potrebbero diventare terreno di caccia dei Democratici. Infine, deve mantenere quei due Stati che nel 2008 furono decisivi come North Carolina e Virginia.
(Pietro Vernizzi)