“Il linguaggio del presidente siriano Assad è lo stesso dei video di Bin Laden. La denuncia di un complotto di Occidente e Stati Uniti contro gli interessi arabi appartiene al più trito repertorio fondamentalista”. A esserne convinto è Obaida Fares, membro del Consiglio Nazionale Siriano, il Parlamento dell’opposizione in esilio con sede a Istanbul. Martedì Bashar Assad ha tenuto il suo primo discorso pubblico dallo scorso giugno, promettendo riforme e sottolineando che le forze di sicurezza stanno combattendo contro i terroristi. Intervistato in esclusiva da “Ilsussidiario.net”, Fares commenta però che “tutti gli elementi terroristici in Siria si trovano all’interno del regime, che per sei anni ha pianificato gli attentati kamikaze in Iraq”. Il politico dell’opposizione sottolinea inoltre che “non è affatto vero che i cristiani siriani sostengano Assad. La maggior parte di essi appoggia incondizionatamente la rivoluzione e finanzia con grandi somme i ribelli. Non esiste quindi alcun motivo di preoccupazione per il futuro dei cristiani, con i quali il Consiglio Nazionale Siriano è in contatto quotidiano per preparare insieme la fase di transizione”.



Fares, che cosa ne pensa dell’ultimo discorso di Assad?

Si tratta di un discorso costellato da messaggi negativi. La sensazione che si ha ascoltando le parole di Assad è che il suo regime possa crollare da un momento all’altro e che abbia raggiunto una fase di estrema debolezza. Il presidente cerca di apparire come se non avesse nulla di cui preoccuparsi, ma nello stesso tempo ha ammesso di “essere stato sconfitto nello spazio virtuale”. Un’espressione che sembra riferirsi riferirsi a Internet e ai media.



Assad ha denunciato la presenza di un complotto straniero contro il suo regime. E’ veramente così?

La teoria complottista è sempre stata il cuore della strategia mediatica dei gruppi terroristici. In tutti i suoi discorsi da aprile a oggi, Assad ha continuato a parlare di complotti per spiegare ciò che si sta verificando in Siria. Gheddafi è più volte ricorso allo stesso linguaggio complottista, utilizzando delle parole quasi identiche a quelle di Assad. E’ molto comune nel mondo arabo il fatto di mettere in relazione tutto ciò che non va a Occidente e Stati Uniti.

Quanto è grande il rischio che i terroristi approfittino del caos per rafforzarsi?



Tutti gli elementi terroristici presenti in Siria si trovano all’interno del regime e delle forze di sicurezza. Non esiste quindi nessuna possibilità che il terrorismo si impadronisca della situazione dopo la caduta del governo. L’unico vero rischio è che gli altri Paesi o la comunità internazionale permettano alle forze di sicurezza di continuare a gestire la situazione, perché questo significherebbe far sì che i terroristi rimangano al potere. I siriani hanno subito il terrorismo per 40 anni, e la loro rivoluzione è proprio contro i suoi attacchi. Se Assad cadrà, non permetteremo quindi che nel Paese si insedi un’altra forma di terrorismo.

 

I vescovi siriani non si sono dissociati apertamente dal regime. Che cosa accadrà ai cristiani dopo la caduta di Assad?

 

Nel mio Paese non c’è nessun problema con i cristiani. La Siria da secoli è la documentazione della possibilità di una convivenza pacifica tra cristiani e musulmani. Inoltre non è vero che i cristiani siriani sostengano Assad. La maggior parte di essi appoggia incondizionatamente la rivoluzione e finanzia con grandi somme i ribelli. Il Consiglio Nazionale Siriano è in costante contatto con le principali chiese del Paese, insieme alle quali stiamo già organizzando il periodo di transizione. Non esiste quindi alcun motivo di preoccupazione per il futuro dei cristiani siriani, in quanto noi e loro siamo insieme e decidiamo i nostri piani di comune accordo. Quasi ogni giorno ci sentiamo telefonicamente con il Consiglio Ecumenico delle Chiese al fine di fornire tutto ciò di cui i cristiani siriani possono avere bisogno.

 

Quanto è elevato il rischio di uno scontro settario nel Paese?

 

Assad e il suo regime stanno facendo di tutto per trasformare la rivoluzione in uno scontro settario. Del resto hanno una buona esperienza in Libano e in Iraq. Il ruolo del governo di Damasco nella politica di Beirut è noto.

 

In che modo Assad si è intromesso invece negli affari irakeni?

Nel periodo tra il 2004 e il 2009, il regime siriano ha inviato gli attentatori suicidi che hanno colpito in Iraq facendoli passare attraverso i confini. Ora le forze di sicurezza stanno cercando di sviluppare gli stessi piani in Siria, come la soluzione finale per restare al potere. L’opposizione sta facendo il possibile perché questi piani non abbiano successo, ma abbiamo paura che se la comunità internazionale consentirà al dittatore di restare al potere e non ci permetterà di fermarlo, assisteremo alla tragedia di uno scontro settario.

 

L’attentato del 6 gennaio a Damasco sembra però opera di Al Qaeda …

 

In questo momento i media internazionali non hanno alcuna possibilità di entrare in Siria. Nessuno quindi può sapere la verità, e dipendiamo esclusivamente dalle nostre analisi. Nel video dell’attentato trasmesso dalle tv libanese e siriana, si osservavano i militari delle forze di sicurezza che disponevano i sacchetti della spesa sull’intera area dell’esplosione, per dare l’impressione che fossero state colpite le persone che andavano a fare la spesa. Ritengo quindi che si tratti di una messinscena del regime.

 

Il presidente ha anche annunciato che entro marzo organizzerà un referendum. E’ soddisfatto di questa promessa?

 

Niente affatto. Poteva essere una soluzione adeguata se lo avesse organizzato nel marzo scorso. Ma oggi, con i siriani che ogni giorno e in tutti i villaggi del Paese protestano contro il regime, non c’è più tempo per parlare di referendum, perché la popolazione non si fida più né del governo né dell’intero sistema. La principale questione è chi controllerà lo svolgimento del referendum. Probabilmente sarà lo stesso governo che lo scorso aprile ha cancellato le leggi d’emergenza: subito dopo, le uccisioni da parte delle forze dell’ordine invece di diminuire sono aumentate. Un referendum organizzato sotto questo regime sarebbe quindi solo un modo per permettere ad Assad di continuare a governare.

 

Che cosa ne pensa della missione della Lega araba in Siria?

 

Gli osservatori non stanno facendo il loro lavoro. Spesso non si recano neppure nei luoghi dove si verificano i massacri, e il loro atteggiamento non è affatto professionale. Inoltre alcuni funzionari della Lega araba sostengono Assad, privando del pieno supporto i loro inviati e consentendo così al regime di proseguire indisturbato con le uccisioni dei civili.

 

(Pietro Vernizzi)