“Il vero dramma delle minoranze cristiane in Medio Oriente si consumerà in Siria. Assad è destinato a cadere entro pochi mesi, e i cristiani si sono sempre trovati al riparo della dittatura di Damasco, che il patriarca cattolico Gregorio III ha difeso in modo avventato. Ora il rischio è quello di una vendetta feroce contro le chiese da parte dei ribelli trionfanti”. A sostenerlo è Luigi Geninazzi, editorialista e inviato di “Avvenire”, per il quale “a rendere ancora più preoccupante il futuro dei cristiani siriani sono altri due fattori: il montare della componente armata e fondamentalista tra gli oppositori di Assad, e lo scontro crescente tra sciiti e sunniti che rischia di stritolare tutte le minoranze non musulmane”. Dall’ampia panoramica sul futuro del Medio Oriente nel 2012, tratteggiata dall’esperto per “Ilsussidiario.net”, emerge soprattutto la preoccupazione per un Paese come la Siria da millenni culla delle comunità cristiane.
Da Ben Alì a Mubarak, da Gheddafi a Kim Jong-il, senza citare Assad e Saleh, il 2011 è stato l’annus horribilis dei dittatori. Nel 2012 il mondo è più libero o solamente più instabile?
E’ certamente più instabile. La rivoluzione della libertà in Medio Oriente continuerà con passi incerti. Un passo è stato compiuto, dal valore importante almeno in tre Paesi del Nord Africa: Tunisia, Egitto e Libia. Ma ci sono state anche delle retromarce vistose e la partita è ancora aperta, non si può quindi essere ingenuamente ottimisti. Ma lo stesso atteggiamento di chi fin dal primo giorno ha detto “andrà tutto male”, alla prova dei fatti non mi sembra che si sia dimostrato fondato.
Fino a che punto gli eventi in Medio Oriente possono essere letti come un conflitto tra l’Islam moderato e l’estremismo wahabita?
L’Islam moderato esiste solo nelle nostre menti e in quelle di alcuni intellettuali, ma non nelle grandi masse arabe. Il vero contrasto quindi è tra una visione della società che si fonda sui valori della dignità e della libertà umana, pur nel rispetto della tradizione islamica, e la concezione integralista portata avanti con arroganza dai salafiti in Egitto. Per questi ultimi solo chi è islamista ha il diritto di governare e dettare la linea nei Paesi a maggioranza musulmana.
Che cosa sta avvenendo in Iran nel frattempo?
Questo è il secondo grande conflitto all’interno del mondo islamico: da una parte c’è la componente sciita e dall’altra quella sunnita. Ed è realmente uno scontro radicale, pesante e potenzialmente brutale, che non si limita a un dibattito intellettuale o teologico, ma è diventato un contrasto tra Stati, governi e popoli che può fare saltare per aria l’intera zona, già di per sé turbolenta dal punto di vista geopolitico. L’Iran oggi è alla testa della riscossa sciita, che in Siria vede la minoranza alawita rappresentata da Assad decisa al tutto per tutto pur di schiacciare la maggioranza sunnita. Ma ci sono anche altre situazioni meno clamorose, come il Bahrein, dove una maggioranza sunnita appoggiata militarmente dall’Arabia saudita tiranneggia la minoranza sciita. E lo stesso avviene anche in Iraq e Libano. L’Iran è il grande maestro che sta dietro le quinte di questi giochi, e che ormai è l’unico alleato della Siria, soffia sul fuoco in Iraq ed è l’avversario numero uno di Israele.
Fino a che punto l’Occidente è stato in grado di scegliere i suoi interlocutori in Medio Oriente e fino a che punto ha commesso solo una serie di errori?
Non li ha scelti, se li è trovati davanti e ha preso quello che c’era. Usa ed Europa all’inizio appoggiavano Mubarak. Ben Alì è scappato il 14 gennaio 2011, ma tutti dicevano che l’Egitto era un Paese completamente diverso. Poi invece il presidente egiziano è stato abbandonato dai suoi ex alleati, Usa e Stati europei. In Libia abbiamo visto gli stessi tentennamenti, fino a quando la Francia ha rotto gli indugi e con un’accelerata eclatante ha imposto alla Nato i bombardamenti. L’eccezione finora è rappresentata dalla Tunisia, dove dopo la caduta di Ben Alì oggi c’è un nuovo interlocutore e si chiama Ennahda. Mentre in Egitto la situazione è ancora molto caotica, in Libia il Cnt è ancora “un’araba fenice”, e in Siria Assad si tiene avvinghiato al potere. Il punto è che tra i quattro Paesi la Tunisia è il meno importante, mentre i più decisivi sono proprio gli altri tre.
Per i cristiani in Medio Oriente, il 2012 sarà sempre più difficile o sarà l’inizio di un nuovo ruolo nella vita pubblica delle società arabe?
L’augurio è che i tragici fatti di repressione contro i cristiani, cui abbiamo assistito in Iraq e in Egitto nel 2011, non si ripetano più. Purtroppo però non lo possiamo escludere. In Egitto gli islamisti riusciranno vincenti alle elezioni politiche che si concluderanno il 10 gennaio prossimo. Il fatto che però fa ben sperare è che i Fratelli musulmani, che vogliono governare il Paese, faranno di tutto per presentare il loro volto moderato, rifiuteranno un’alleanza con i salafiti, l’ala integralista più dura, e stringeranno un’alleanza con il Blocco Egiziano, cioè con le forze più laiche e moderate. Questo significa che i primi a essere interessati alla tolleranza religiosa in Egitto non è soltanto la minoranza copta ma gli stessi Fratelli musulmani. Non possiamo ovviamente escludere le provocazioni degli estremisti, ma una spaccatura tra Fratelli musulmani e salafiti sarebbe una svolta decisiva per tutto il Medio Oriente. I fatti del 2011 ci inducono infatti a porre l’attenzione sull’Egitto e inoltre i copti sono la minoranza cristiana più consistente di tutto il mondo arabo. L’Egitto quindi sarà la vera cartina di tornasole di una possibile svolta nei rapporti tra i Paesi dominati dagli islamisti e le minoranze religiose come i cristiani.
Quale futuro vede invece per i cristiani in Siria?
In termini drammatici. I cristiani siriani si sentono in trappola, perché in passato si sono trovati al riparo della dittatura di Assad, pur non sostenendola mai in modo entusiasta. Il presidente siriano ha concesso loro una certa libertà religiosa e il rispetto sociale. Di fronte all’avanzata della contestazione, sempre più armata e con una forte componente islamista sunnita e fondamentalista, per i cristiani la situazione è ogni giorno più difficile. Non possono più appoggiarsi ad Assad, come compiuto finora in modo avventato dal patriarca cattolico Gregorio III Laham. La realtà è che Assad è destinato a finire, e non sarà questione di anni bensì di mesi. Il quadro è realmente spaventoso, per l’emergere di una componente integralista sunnita che, come già si sente da alcuni slogan dei manifestanti, punta a eliminare fisicamente la minoranza sciita e gli stessi cristiani. Questo è veramente pericoloso, perché ci riproporrebbe uno scenario come quello irakeno dopo la caduta di Saddam Hussein.
(Pietro Vernizzi)