La strage di Nassiriya in Iraq che costò complessivamente la vita a 28 persone tra cui molti soldati italiani, a una svolta. Quasi dieci anni dopo l’attacco terroristico, sono infatti stati individuati e arrestati gli organizzatori del terribile attacco. Nel dettaglio, quel giorno del 12 novembre 2003 morirono 12 carabinieri, 5 militari dell’esercito, 2 civili e 9 iracheni e rimasero ferite quasi sessanta persone di cui una ventina ancora italiani. Si era ancora agli inizi dell’occupazione irachena da parte delle forze occidentali dopo la caduta di Saddam, e l’attentato fu allora uno dei più sanguinosi e soprattutto segnò la morte di soldati italiani in zona di guerra per la prima volta dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Un episodio che scioccò tutto il Paese. Adesso finalmente arriva una notizia che certamente non riporterà in vita i tanti morti, ma almeno un minimo di giustizia per i familiari delle persone cadute. La polizia irachena ha infatti comunicato di aver individuato e quindi arrestato sette persone appartenenti alla cellula terroristica che fu responsabile dell’attacco. Il gruppo secondo quanto hanno dichiarato le autorità irachene agì quel giorno di propria iniziativa autonoma e non risulta collegato ad Al Qaeda. La cisterna piena di esplosivo che si schiantò contro la struttura era invece guidata da un marocchino. Secondo la ricostruzione degli avvenimenti, le nostre forze dell’ordine impegnate nel far luce sull’attacco già nel 2007 avevano identificato i presunti responsabili dell’attentato. Tra di questi Abu Mussab al Zarkawi considerato un capo di Ansar al-islam organizzazione terroristica vicina ad Al Qaeda, molto vicino a Osama bin Laden, che rimase ucciso in uno scontro a fuoco nel 2006. Inoltre venne identificato il giordano Abu Anas al-Shami a capo del consiglio ideologico e religioso di un’altra organizzazione terroristica, quella poi identificata come autrice della strage. Tutti i sette arrestati hanno ammesso di aver organizzato l’attentato di Nassiriya. Le autorità irachene hanno comunicato di aver indagato a lungo sull’episodio per non lasciare impunito un attentato che come detto all’epoca suscità scalpore per la sua violenza.



Ma anche soprattutto per aver colpito le forze armate italiane, che in Iraq si erano e si sono anche in seguito sempre distinte per l’aiuto alla popolazione e non per azioni di guerra.

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