«Provate a immaginare che cosa sarebbe accaduto se invece che una chiesa, fosse stata attaccata una moschea. Sareste scioccati, oltraggiati oltre ogni immaginazione per l’assoluta apatia nei confronti di un evento così esorbitante. Perché allora, siccome le vittime sono dei cristiani, ritenete che non ci sia nulla di cui scandalizzarsi?». Sana Saleem, musulmana praticante, è una blogger pakistana che si è rivolta ai suoi connazionali con queste parole dopo l’ennesimo episodio di persecuzione religiosa avvenuto a Karachi.
Un gruppo di musulmani, disturbati durante la preghiera dai canti di alcuni bambini provenienti da una chiesa vicina, hanno fatto irruzione armati di asce, picchiando i giovani cantori, devastando il luogo sacro, rovesciando l’altare e calpestando la Bibbia. Come raccontato da Sana sul suo blog, i parrocchiani non solo non hanno osato denunciare l’accaduto alla polizia, ma sono rimasti così impauriti da giungere a scusarsi con gli aggressori. IlSussidiario.net ha intervistato Sana Saleem, per chiederle per quale motivo ha deciso di rompere il silenzio difendendo personalmente i cristiani.
Lei è musulmana. Per quale motivo ha scelto di difendere i cristiani, rischiando in prima persona di finire nel mirino dei fondamentalisti?
Come musulmana, ritengo più che mai importante oppormi a chi utilizza l’Islam come strumento per diffondere violenza e fanatismo. Se è considerato rischioso prendere posizione contro ciò che è disumano, significa che ci troviamo in una situazione davvero grave. Come ho fatto in passato, continuerò a denunciare le ingiustizie indipendentemente dalla fede, dalla razza o dall’etnia da cui provengono.
La sua presa di posizione esprime solo la sua opinione, o il punto di vista dei giovani pakistani?
Personalmente, avverto in modo molto vivo il problema della discriminazione nei confronti delle minoranze, si tratti di gruppi o di singole persone, sulla base delle loro convinzioni. Lo considero infatti un esempio di intolleranza profondamente detestabile. Ma non sono la sola a pensarla così: con me c’è un numero significativo di persone appartenenti a tutte le classi sociali del Pakistan. Alcuni sono troppo demoralizzati per parlarne apertamente, altri hanno paura di farlo. Ma l’unica vera minoranza è costituita da quanti accettano questi atti di intolleranza, anche se sembrano la maggioranza per la semplice ragione che i proiettili fanno molto più rumore delle parole.
Lei ha scritto che se il Pakistan non accetterà le minoranze religiose, “ci metteremo sulla via dell’autodistruzione”. Perché ritiene che i cristiani siano così importanti per il suo Paese?
Per far sì che una società fiorisca è importante che lo spazio sociale non venga polarizzato, e che quindi ciascuna delle sue parti sia libera di essere rappresentata. Quando il comportamento sociale è caratterizzato dal fanatismo gli spazi si restringono e le minoranze finiscono per essere marginalizzate e trascurate.
Qual è stato il ruolo dei cristiani nella storia del Pakistan e quale può essere il loro ruolo in futuro?
I cristiani hanno lo stesso diritto dei musulmani a considerare il Pakistan la loro nazione, e anche gli ahmadi (un movimento religioso considerato eretico dagli islamici, Ndr) hanno giocato un ruolo vitale nella nascita del nostro Stato. Il nostro unico premio Nobel, Abdus Salaam, era un ahmadi. Dovremmo essere orgogliosi dei nostri cittadini, invece di discriminarli in base alla loro fede religiosa. Quando è stato composto l’inno nazionale del Pakistan, il nostro fondatore Mohammad Ali Jinnah si rivolse a un hindu. Mentre il cristiano indiano Pothan Joseph svolse un ruolo importante come giornalista e propagandista della Muslim League, il partito di Jinnah.
Il politico cristiano Michael Javed ha affermato di recente che a Karachi molti bambini cristiani sono stuprati, torturati e rapiti dai fondamentalisti. Qualcuno in Occidente si è chiesto se non fossero dichiarazioni esagerate…
Non ritengo affatto che Javed abbia esagerato. Il punto è che stupri e rapimenti spesso non sono neanche denunciati. Anche se non credo che abbiano come causa l’appartenenza a una determinata fede. Le statistiche mostrano che l’anno scorso in Pakistan è stato registrato un aumento degli abusi, mentre nella sola Karachi sono stati migliaia i rapimenti, gli omicidi o le estorsioni, senza distinzione di religione.
Lei è musulmana. Come è possibile che il Corano sia utilizzato per giustificare la violenza?
Purtroppo è possibile. Come altre religioni, anche l’Islam ha numerose sette. L’ortodossia è una parte di ogni credo e gli estremisti ci sono in ogni razza, classe o fede. Le dottrine hanno subito distorsioni nel corso del tempo e questo vale anche per l’Islam.
Ma gli imam in Pakistan stanno dalla parte della tolleranza o dell’estremismo?
Esistono diverse scuole di pensiero. I Wahabiti Deobandi sono notoriamente i più ortodossi, in quanto i loro libri tendono a promuovere una maggiore intolleranza. Ma ritengo che gli imam che tacciono di fronte agli attacchi ai cristiani ne siano silenziosamente compiaciuti, a prescindere dalla corrente cui appartengono. L’importanza degli imam non può essere sottovalutata, poiché godono dell’opportunità, del rispetto e dell’autorità per essere ascoltati ogni venerdì in materia di religione. Hanno perciò la forza per motivare la gente a opporsi alle ingiustizie commesse in nome della religione.
Ritiene che in Pakistan gli imam e le forze dell’ordine siano particolarmente intolleranti nei confronti dei cristiani?
Questo non è vero. Non è possibile generalizzare, affermando che le forze dell’ordine o gli imam siano meno tolleranti delle altre persone. Gli agenti, rappresentando l’autorità, hanno maggiori responsabilità nel mettere da parte i loro pregiudizi e rispettare la legge. Le forze dell’ordine talora hanno vacillato, mentre altre volte hanno ottenuto maggiori successi. E anche gli stessi imam a volte hanno abusato della loro posizione, ma questi fatti non sono rappresentativi dell’intera comunità del clero musulmano.
In Pakistan è in corso uno scontro tra potere giudiziario e governo. Le eventuali dimissioni del premier Yousaf Raza Gilani aumenterebbero o diminuirebbero la libertà religiosa in Pakistan?
No, non è probabile che il governo si dimetta, anche se al momento non è possibile escludere l’ipotesi delle elezioni anticipate. Le dimissioni causerebbero la destabilizzazione delle istituzioni, colpendo l’attività di governo e provocando quindi una scarsa capacità di fare rispettare le leggi.
(Pietro Vernizzi)