“I rischi di un attacco nucleare da parte dell’Iran sono inesistenti. I militari di Teheran sono pagati per mostrare le unghie e i denti, ma se osassero passare dalle parole ai fatti l’intero territorio nazionale sarebbe incenerito nel giro di pochi secondi dalla reazione simultanea degli Stati Uniti e delle altre potenze regionali”, come Turchia, Arabia Saudita e Israele. Ad affermarlo è il generale Carlo Jean, intervistato da Ilsussidiario.net sulle tensioni nell’area dopo che il generale Ataollah Salehi, comandante in capo delle forze armate dell’Iran, ha dichiarato: “Consigliamo vivamente alla portaerei americana che ha attraversato lo stretto di Hormuz di non ritornare nel Golfo Persico. La Repubblica Islamica d’Iran non ha intenzione di ripetere questo consiglio”. Per il generale Jean, “sono solo dichiarazioni di facciata. L’atomica iraniana in realtà fa comodo agli Stati Uniti, perché offre loro la scusa per occupare il Golfo Persico che produce il 40% del petrolio mondiale. E per indebolire ulteriormente Ahmadinejad, presto Usa e Turchia inizieranno la guerra in Siria”.



Generale Jean, da dove nascono le recenti tensioni tra Iran e Stati Uniti?

Nascono dalla decisione degli Usa, che sembra sarà adottata anche dall’Ue, di introdurre sanzioni molto pesanti nei confronti dell’Iran. In questo modo Washington colpisce il cuore finanziario di Teheran a partire dalla sua Banca centrale, mettendo in serie difficoltà i suoi rapporti commerciali con Cina, Giappone e India.



Quali altri fattori influenzano la crisi iraniana?

La situazione politica interna all’Iran, con il contrasto tra Mahmoud Ahmadinejad e il grande ayatollah Alì Khamenei che ha provocato un vuoto di potere politico. Al suo interno si sono inseriti l’Esercito da un lato e i Guardiani della rivoluzione islamica dall’altra, con l’obiettivo di estendere la loro influenza. I militari cercano di farsi spazio con queste minacce, che sono però provocazioni piuttosto che realtà vere e proprie. Sicuramente la situazione interna dell’Iran è molto difficile, come dimostra per esempio la nuova condanna contro Faezeh Hashemi, la figlia dell’ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani, accusata di avere criticato il regime.



Fino a che punto è reale il rischio di una guerra tra Iran e Stati Uniti?

Le minacce di Teheran sono soltanto delle dichiarazioni di facciata. L’obiettivo, più che far recedere l’Occidente dalle sue intenzioni, è mantenere la coesione interna dell’Iran messa di recente a dura prova. I vertici militari di Teheran, pagati per mostrare i denti e le unghie al mondo, vogliono solo far vedere che fanno il loro mestiere. Cioè che non si lasciano impressionare né sottomettere dagli americani e dagli occidentali, ma sanno reagire.

Per quale motivo è così certo che ciò non porterà a un’escalation militare fino alla guerra?

Non penso che l’Iran sia in condizioni di sostenerla, innanzitutto perché l’80% delle esportazioni iraniane sono idrocarburi, che in caso di guerra sarebbero immediatamente bloccati allo stretto di Hormuz. In secondo luogo, l’Iran rischia un attacco di rappresaglia. Quest’ultimo non colpirebbe le centrali nucleari, delle quali agli americani non importa assolutamente nulla, ma i terminali petroliferi. Mettendo fuori uso gli oleodotti è possibile infatti ridurre l’Iran alla fame. Fatta eccezione per una piccola quantità di petrolio esportata in Europa, la maggior parte dei 2 milioni e 600mila barili al giorno che produce l’Iran sono venduti in Cina, Giappone e nel resto dell’Asia Orientale.

Davvero ritiene che gli Usa non siano preoccupati per la corsa dell’Iran alla bomba atomica?

Ne sono certo, e il motivo è che il nucleare iraniano legittima la presenza degli Stati Uniti nel Golfo Persico. L’obiettivo degli americani è esclusivamente quello di mantenere il controllo di una zona che fornisce il 40% del petrolio mondiale. Il vero pericolo per gli Usa quindi non sono le armi nucleari iraniane, ma la superiorità dell’Esercito convenzionale di Teheran e il fatto che i suoi servizi di intelligence sono ben infiltrati nelle minoranze sciite dei Paesi del Golfo.

Il ministro degli Esteri francese, Alain Juppé, si è detto convinto del fatto che l’Iran “prosegue la preparazione della sua arma nucleare”. Per quale motivo non dovremmo esserne preoccupati?

Una volta che l’Iran avrà le armi nucleari, in quale modo le utilizzerà? Per lanciarle sui Paesi circostanti? Entro due ore l’intero territorio iraniano sarebbe incenerito. Gli iraniani sono tutt’altro che irragionevoli, anzi sono buoni mercanti e individui molto calcolatori. E’ logico quindi aspettarsi che saranno estremamente cauti soprattutto nell’impiego dell’arma nucleare, che serve loro soltanto per evitare di subire un attacco militare via terra. Dal momento che nessuno ha intenzione di andare ad attaccare un territorio montuoso, abitato da 70-80 milioni di persone molto patriottiche, l’ipotesi di una guerra praticamente non esiste.

Le tensioni nella regione però non mancano, basta pensare alla Siria …

Infatti quello che avverrà è un attacco contro la Siria, che è l’alleato principale dell’Iran e il canale di comunicazione tra Teheran e l’Hezbollah libanese. Una volta che sarà stato cacciato Assad, Damasco non sarà più alleato dell’Iran. La Siria potrà quindi influire in modo notevole sui sunniti irakeni, impedendo così all’Iran di monopolizzare un’influenza sull’Iraq.

Da chi sarà attaccata la Siria?

Chi deve decidere di fare il primo passo è la Turchia, quindi gli Stati Uniti le andranno sicuramente dietro. E’ sufficiente lanciare un bombardamento con l’aviazione, e poi l’Esercito siriano libero, che conta ormai su un effettivo di 15mila uomini, farà il resto. La mossa della Lega araba, che ha mandato gli osservatori in Siria, è finalizzata proprio a evitare sia la guerra civile sia un intervento esterno. Ma quest’ultimo diventerà presto inevitabile.

La Turchia, che è stata a lungo amica di Assad, perché si accorge solo ora che il suo regime non era democratico?

Il suo reale interesse in realtà è un altro. Il destino del Medio Oriente si risolverà nel contrasto tra Turchia e Iran. Per il momento tra le due potenze corre buon sangue, perché sono unite dal problema curdo e dal fatto che Teheran fornisce a basso prezzo gas ad Ankara. La Turchia però è sunnita, così come Arabia Saudita ed Egitto. Si sta creando un fronte sunnita contro la Mezzaluna sciita che va dall’Iran agli Hezbollah libanesi. La Turchia quindi necessariamente diventerà la capofila del blocco sunnita contro il blocco sciita. E’ per questo che gli Usa l’hanno appena rifornita con aiuti militari ultra-moderni, come elicotteri da combattimento e veicoli non pilotati.

Nel momento in cui inizieranno i bombardamenti turchi contro la Siria, l’Iran starà a guardare?

L’Iran sarà costretto suo malgrado a non muovere un dito. La sua proiezione militare infatti è limitata e non gli consente di intervenire in Siria. E se delle colonne corazzate iraniane dovessero muovere verso la Siria, l’aviazione Usa in Qatar e la Quinta Flotta americana in Bahrein sarebbero in grado di distruggerle nell’arco di pochi secondi.

(Pietro Vernizzi)