“Dietro l’attentato kamikaze a Damasco c’è la mano di Al Qaeda, il cui obiettivo è spaccare in due l’Iraq e fare entrare le province sunnite del Paese nell’orbita di una Siria retta da un governo islamico”. A denunciarlo è Ammar Waqqaf, esponente del Syrian Social Club e commentatore della BBC. Nel corso di un’intervista esclusiva per Ilsussidiario.net, l’analista siriano racconta da Damasco chi c’è realmente dietro all’attacco suicida e che cosa mira a ottenere. Una testimonianza in presa diretta, in quanto al momento dell’esplosione Waqqaf si trovava a meno di un chilometro e mezzo dal luogo dell’attentato che ieri ha provocato almeno 25 morti e 46 feriti. Dall’angoscia dei familiari delle vittime, che affollavano l’ingresso dell’ospedale per chiedere notizie dei loro cari, agli abitanti di Damasco che dopo l’attacco si sono barricati nelle loro case, il testimone oculare ci descrive che cosa sta avvenendo in queste ore nella capitale siriana.



Com’è la situazione a Damasco dopo l’attentato?

I cittadini della capitale ieri dalle 14 in poi si sono barricati nelle loro case, fatta eccezione per una piccola folla di persone visibilmente arrabbiate che si sono riunite intorno al punto dell’esplosione. L’attentato ha spezzato la tranquillità della città nel giorno festivo del venerdì. Quando è avvenuto mi trovavo a meno di un chilometro e mezzo dalla scena dell’esplosione. Sono passato di fianco all’ospedale, dove sono stati portati alcuni dei feriti e dei corpi delle vittime. All’ingresso si ammassavano i loro familiari, per cercare disperatamente di ottenere notizie sui loro cari.



Dietro all’attentato ci sono i servizi segreti di Assad o i ribelli?

Solo due settimane fa a Damasco si sono verificate altre due grandi esplosioni, e l’opposizione ha subito dichiarato che la responsabilità era del governo. Nessuno si è ricordato del fatto che meno di 24 ore prima, si erano verificate delle esplosioni simili a Baghdad. Le “impronte digitali” di questi attentati sono le stesse, e in entrambi i casi riconducono ad Al Qaeda. L’opposizione siriana non è un blocco unico, come qualcuno vorrebbe rappresentarla, ma uno schieramento composito di cui fanno parte liberali, attivisti dei diritti umani, ma anche estremisti islamici e salafiti che non si fanno scrupoli a uccidere il maggior numero di persone per scatenare una guerra civile. Ovviamente, chi ha colpito a Damasco non è il Consiglio Nazionale dell’opposizione né l’Esercito Siriano Libero, ma frammenti della galassia ribelle sfuggiti al loro controllo.



Perché esclude che la responsabilità sia del governo?

Perché si tratta di un attentato kamikaze. E’ molto difficile convincere un caporale dei servizi segreti a immolarsi facendosi esplodere. Perché qualcuno accetti di farsi saltare per aria occorre una certa dose di ideologia e la convinzione che quello sia il modo migliore per andare in Paradiso. Chi lo fa di solito proviene dai movimenti estremisti, come i salafiti o i talebani.

 

E se il governo siriano avesse a sua volta dei legami con gli ambienti terroristici?

 

Il governo è sempre stato interessato a infiltrare i suoi servizi segreti in questi movimenti, anche se di recente questi tentativi non hanno avuto molto successo. Quello che tutti dimenticano è che nel luglio scorso il capo di Al Qaeda, Ayman al-Zawahiri, ha realizzato un video con il quale invitava a lanciare una Jihad in Siria contro il governo infedele di Damasco.

 

Pochi minuti dopo l’attentato del 23 dicembre, la polizia siriana aveva trovato dei volantini di Al Qaeda proprio vicino al punto dell’esplosione. Non le sembra una messinscena del governo?

 

Questo si spiega con il fatto che Al Qaeda non ha molto seguito in Siria. Quando negli anni ’80 Bin Laden si stabilì in Afghanistan, i cittadini di diversi Paesi arabi parteciparono massicciamente alla guerriglia contro l’Unione Sovietica, entrando nei ranghi di Al Qaeda. All’epoca però i siriani non parteciparono alla guerra di liberazione, e questo ha fatto sì che per decenni Al Qaeda, a differenza di quanto avveniva nel resto del mondo arabo, non ottenesse alcuna solidarietà in Siria.

 

Che cosa c’entra questo con la questione dei volantini?

 

Al Qaeda sta cercando di conquistare anche in Siria la popolarità che non ha mai avuto in passato. E’ vero quindi che il particolare dei volantini è molto strano, perché di solito Al Qaeda non usa mai dei volantini per rivendicare gli attentati. Ma il motivo è che quando colpisce in Afghanistan tutti capiscono subito che è stata lei. In Siria invece evidentemente Al Qaeda ci tiene a farlo sapere a scanso di equivoci. E il motivo è che punta a tirare dalla sua parte la gente comune, scesa in strada a manifestare contro Assad, attraendola nella propria orbita.

 

Da un punto di vista politico, che cosa lega gli attentati in Iraq e in Siria?

Dopo il ritiro degli americani il governo irakeno ha assunto una posizione più in sintonia con il regime siriano. Quando la Lega araba è intervenuta in Siria, gli unici Paesi a rifiutarsi di applicare le sanzioni contro Assad sono stati Iraq, Giordania e Libano. Il premier sciita irakeno Nuri al-Maliki è arrivato al punto di dire a Barack Obama che non intende chiedere ad Assad di dimettersi, perché non sono affari suoi. L’interesse strategico dell’Iraq quindi è chiaro. Se Assad sarà cacciato e gli estremisti conquisteranno il Paese, la situazione irakena si farà ancora più difficile, e la Siria potrebbe trasformarsi in una base per gli attentatori suicidi contro Baghdad.

 

Non è un’ipotesi un po’ troppo pessimistica?

 

Anche senza ipotizzare uno scenario così drammatico, resta il fatto che quello di Assad è un regime laico. Se al suo posto dovesse insediarsi un governo sunnita, le province sunnite dell’Iraq potrebbero dichiarare l’indipendenza dal regime sciita di Baghdad. In Iraq sono in corso delle attività segrete per trasformare lo Stato unitario in uno Stato federale, e dietro a queste mosse ci sono proprio gli scontri tra sciiti e sunniti. I leader irakeni di Al Qaeda non sono affatto contenti del sostegno di al-Maliki ad Assad e ritengono che i due governi stiano formando una coalizione che di fatto ostacola i loro piani terroristici. E’ questo l’elemento che collega gli attentati di Baghdad e di Damasco. Al Qaeda ritiene infatti che l’alleanza tra Iraq e Siria possa portare a un coordinamento in grado di insidiare la sua organizzazione terroristica. L’attentato di Damasco è quindi un avvertimento al governo siriano, per fargli capire che la sua attuale politica lo porterà a scontrarsi frontalmente con Al Qaeda.

 

(Pietro Vernizzi)