E’ da poco terminata la protesta che nelle ultime notti ha portato a Plaza de Neptuno, alle spalle del Parlamento spagnolo, diverse migliaia di indignados per manifestare contro le misure di austerity previste dal governo Rajoy. Gli agenti di polizia disposti intorno alla piazza, manganelli alla mano nel tentativo di far sgomberare il presidio, hanno ricevuto in risposta il lancio di bottiglie e altri oggetti. Lo scontro che ne è seguito avrebbe provocato, secondo i media spagnoli, solo un paio di feriti lievi. Secondo la giornalista spagnola Cristina López Schlichting, contattata da IlSussidiario.net, quest’ultima manifestazione è però diversa da quelle che in passato hanno portato in piazza gli spagnoli per protestare contro il governo Zapatero: «E’ la terza volta che questo gruppo si ritrova nelle adiacenze del Parlamento per protestare – ci spiega – . Dopo aver preso il via in modo pacifico, intorno a mezzanotte la polizia ha tentato di sgomberare i manifestanti perché senza autorizzazione e la tensione è salita, anche se fortunatamente il bilancio parla di solo uno o due feriti».
In cosa è diversa quest’ultima protesta?
Questa manifestazione in particolare, al contrario delle altre a cui abbiamo assistito in passato, è caratterizzata da una forte connotazione ideologica secondo cui la democrazia è stata sequestrata dall’attuale potere economico internazionale. Coloro che protestano chiedono quindi che si arrivi allo scioglimento del Parlamento e alla convocazione di un nuovo tipo di democrazia assembleare. Si tratta di un forte spirito radicale e anti-sistema che si sta diffondendo in modo virale, specialmente su Internet, e che non coinvolge per forza tutte quelle persone che sono semplicemente preoccupate per l’atttuale situazione economica del Paese.
Una protesta piccola che però ha fatto molto parlare di sé. Come mai?
Anche se ha coinvolto solamente qualche migliaio di persone, la protesta degli ultimi giorni è riuscita ad attirare l’attenzione mediatica perché si è rivelata fin da subito abbastanza violenta e perché ha rivolto la propria indignazione nei confronti del Parlamento, azione vietata dal codice penale spagnolo.
Crede che in Spagna si stia quindi diffondendo una nuova corrente di dissenso popolare?
Come è accaduto anche in Italia e in Grecia, la protesta ha come obiettivo quello di opporsi alle misure di austerità e ai tagli proposti dal governo spagnolo. Ma non solo, perché non è solamente un dissenso politico, come quello dimostrato in questi giorni dai sindacati, ma come ho detto estremamente ideologico. Alla base sembra esserci un’idea anticapitalistica che sta prendendo piede soprattutto tra i giovani e che diversi osservatori hanno definito neofascista, perché viene appunto disprezzato il sistema parlamentare.
Dobbiamo aspettarci altre proteste in futuro?
Sì, credo che assisteremo ad altre proteste e, con ogni probabilità, quelle che ieri erano solo 5-6 mila persone domani saranno molte di più, proprio perché è una corrente che trova forza nel dissenso sociale che si allarga a mchhia d’olio specialmente su internet. Questo significa che molte altre persone, semplicemente scontente dell’attuale situazione del Paese, potrebbero facilmente partecipare a nuove manifestazioni future. La Spagna è in attesa dei 40 miliardi di euro chiesti all’Ue per le sue banche e i tagli proposti dal governo si preannunciano pesanti, quindi è ovvio che la preoccupazione per il futuro resta molto alta tra i cittadini spagnoli.
Come giudica l’attuale situazione spagnola e le misure previste dal governo Rajoy?
Credo che una posizione differente da quella assunta attualmente da Rajoy non fosse realmente possibile. Austerità, tagli e sacrifici fanno parte della politica di ogni Paese che in questo momento si trova coinvolto in una crisi economica senza precedenti, quindi credo che anche la Spagna non poteva prevedere una soluzione diversa. D’altra parte, non condivido appieno gli interventi del governo Rajoy.
Come mai?
Perché sembra aver puntato tutto sulla pressione fiscale e sulla classe media del Paese. Credo invece che sia arrivato il momento di compiere un maggiore sforzo di riduzione anche dell’amministrazione pubblica. Il governo appare però intimorito da tale ipotesi, perché significherebbe con ogni probabilità andare a creare una maggiore disoccupazione. E questo peggiorerebbe ancora di più una situazione sociale già di per sé critica.
(Claudio Perlini)