La Turchia ha fatto levare in volo due aerei da caccia e li ha inviati sulla linea di confine con la Siria, dopo che un elicottero militare di Damasco aveva lanciato delle bombe nei pressi della città siriana di confine di Azmarin. Forze lealiste e ribelli si sono fronteggiate duramente nel corso di questa settimana nella regione di Azmarin, una zona che si oppone al regime di Assad. I combattimenti tra forze siriane contrapposte lungo i 900 chilometri di confine tra Turchia e Siria finiscono spesso per causare danni alle città e ai villaggi siti in territorio turco e hanno indotto il governo turco a prendere posizioni intransigenti nei confronti di Damasco, tanto che la Turchia invierà altri aerei militari e carri armati lungo il proprio confine con la Siria. Lo riferiscono i media locali, mentre cresce la tensione tra i due Paesi dopo che i jet turchi hanno costretto un aereo siriano proveniente da Mosca e diretto a Damasco ad atterrare mercoledì ad Ankara, con il sospetto che trasportasse armi. IlSussidiario.net commenta l’intera vicenda con Gian Micalessin, inviato e corrispondente di guerra.



Lei ritiene possibile un’azione militare turca senza supporto occidentale?

Io penso che il supporto occidentale già ci sia, sebbene non espresso militarmente sul terreno, ma politicamente. Non penso che nell’immediato possa scoppiare un conflitto, come ad esempio quello libico, semplicemente perché l’Occidente non ha la legittimazione politica per poterlo attuare, visto il veto in Consiglio di Sicurezza di Cina e Russia che rende impossibile un intervento legittimo. Molto probabilmente si procederà in modo surrettizio.



Damasco appoggia i ribelli curdi del Pkk e gli stretti legami tra milizie curde siriane e turche con il governo autonomo del Kurdistan iracheno. Quale rapporto potrebbe giocare il Kurdistan iracheno nella crisi turco-siriana?

La Turchia vuole alimentare gli scontri per cercare di creare una zona di sicurezza al confine turco-siriano con il principale scopo di impedire alle forze curde del Pkk, che si sono insediate nei territori lasciati liberi dall’esercito siriano, di trasformare quelle zone in un vero e proprio “santuario” da cui colpire il cuore della nazione turca. Questo per dare manforte alle forze ribelli siriane, che oggi si sono dimostrate incapaci di esercitare controllo anche su un piccolo lembo di terreno strappato al controllo di Damasco. Dall’altra parte mi attendo, come mostra la presenza confermata da fonti autorevoli di un contingente di 150 forze speciali americane, che anche la Giordania possa fare la stessa mossa al confine siriano: creare, cioè, aree di sicurezza sempre più grandi per sottrarre territorio alla Siria. Lo scopo potrebbe anche essere quello di formare una sorta di autorità simile a quella che fu insediata a Bengasi durante l’intervento libico.



E quali potrebbero essere le mosse immediate di Iran e Russia? 

Entrambi sosterranno strenuamente il Governo siriano fornendo armi, appoggio militare e supporto sul terreno. I russi stanno già fornendo intelligence preziosa all’esercito siriano e contrastano così, in maniera tutt’altro che sotterranea, gli aiuti dell’Occidente, del Qatar e dell’Arabia Saudita alle forze ribelli. L’Iran continuerà ad offrire appoggio all’esercito di Bashar Al Assad, soprattutto, intorno al confine libanese dove Hezbollah cerca di contrastare l’infiltrazione dell’esercito delle forze ribelli.

 

Che peso avrà la decisione dell’Unione europea che lunedì approverà un pacchetto di sanzioni contro la Siria?

 

L’Ue, come sempre, non avrà alcun peso decisionale nonostante le abbiano assegnato questa barzelletta del Nobel per la Pace. Come al solito, si dividerà fra Paesi che si occupano solo di imporre le loro leggi economiche, come la Germania, e altri che si occupano di imporre la loro politica di sicurezza, ad esempio la Francia. Parigi, che è una delle migliori alleate di Qatar, Arabia Saudita e Turchia certamente insisterà e guiderà il gruppo di quanti vogliono un intervento a tutti i costi.

 

Basteranno i severi giudizi internazionali sulle contraddizioni della strategia politica internazionale di Erdogan che si sono messe in luce con Israele, l’Armenia, Cipro e l’Ue a frenare le mire di Ankara?

 

Il disegno è deciso sulla base delle linee strategiche ispirate dal ministro degli Esteri Davutoglu che è un sostenitore del ritorno della grande potenza turca nell’ambito medio orientale. Oggi Erdogan tenta di riproporre, ad ogni costo e senza curarsi del giudizio internazionale, il modello del potente Impero Ottomano.

 

Nemmeno la possibilità di compromettere i negoziati per l’adesione all’Unione europea possono frenare Erdogan?

 

La credibilità dell’Unione europea nei confronti di Ankara è quasi zero, perché l’integrazione difficilmente potrà concludersi, se ad ora non è ancora avvenuta. Non dimentichiamo che la miglior alleata della Turchia è la Francia, che ha in Europa un grosso peso e che ha tutto l’interesse non a smorzare il conflitto ma, semmai, ad acutizzarlo.