Giornata tranquilla al comitato: door to door mattina e pomeriggio, nonostante la pioggia battente. Ma è l’ultimo weekend prima del GOTV per cui non si possono rinviare le attività. In realtà qui l’attenzione è catalizzata dall’arrivo dell’uragano Sandy, com’è naturale che sia. Obama e Romney hanno interrotto le campagne elettorali: otto stati, tra cui il nostro (la Pennsylvania) hanno dichiarato lo stato di emergenza. 375000 sfollati e metropolitana chiusa a New York. Ma anche a Phila si prendono le contromisure: domani scuole chiuse e ogni tipo di trasporto pubblico interrotto. Tutte le zone vicino ai fiumi (non la nostra), sono pronte a evacuare.
La campagna elettorale subisce quindi uno stop: probabilmente nei prossimi giorni (di sicuro domani) saremo costretti a stare chiusi a casa. L’uragano mette ulteriormente nei guai Obama, per tre ordini di motivi. Il primo è che la gestione delle emergenze nasconde sempre insidie per chi governa, se mal gestita. New Orleans rimase per Bush una macchia indelebile, ma venendo anche a eventi molto meno drammatici la nevicata a Roma ha segnato pesantemente la credibilità di Alemanno. Il secondo è che Obama appare in leggera ripresa: gli ultimi sondaggi lo danno in lievissimo vantaggio in Iowa, Michigan, Nevada, New Hampshire, Ohio, Virginia e Wisconsin (i più appassionati diano un’occhiata qui). Quindi in una buona parte degli stati in bilico. Ma l’uragano fermerà la campagna: Obama resterà a Washington per seguire il procedere degli eventi. Proprio nei prossimi giorni aveva in programma un tour negli swing state per dare l’ultimo colpo di reni, in vista del traguardo. Il terzo motivo è che se il ciclone dovesse rivelarsi particolarmente distruttivo a pagarne le conseguenze sarebbero prima di tutto le fasce meno abbienti della popolazione, che in gran parte votano per il presidente uscente. E si capisce bene che se queste persone dovessero avere le case allagate o distrutte da Sandy avrebbero preoccupazioni più impellenti che recarsi alle urne.
In questa campagna a Obama sembra non andarne davvero dritta una. Prima la debacle nel primo dibattito causata, mi ha raccontato Giovanna Botteri, da un antistaminico preso a causa di un fortissimo attacco allergico nella notte precedente (per la serie, sono uomini anche i presidenti della prima potenza mondiale).
Poi la scarsissima reazione dell’opinione pubblica agli ottimi dati su occupazione e Pil americano, resi noti la scorsa settimana. Infine Sandy, che blocca la rincorsa del presidente nel momento più delicato. Insomma, mancano solo otto giorni e la partita è più aperta che mai.