Martedì, lunch time a New York City. Sandy non c’è più, ma ce la ricorderemo per un pezzo. Pioviggina, il cielo è ancora cupo, è freddino. Qua a Bay Ridge, quartiere del south west di Brooklyn,  sembra di essere in un’isola felice. Bay Ridge. “Ridge” vuol dire altura, l’altura sulla baia dell’Hudson River, a neanche due miglia dal Verrazano Bridge, la soglia dell’oceano e la soglia del disastro. Rockaway, la zona più colpita dell’area metropolitana, è appena oltre il ponte, proseguendo lungo la costa sud di Brooklyn. Amici e radio ci dicono che è devastata. Voi probabilmente lo potete vedere in televisione, noi no. L’altura, il “ridge”, ci ha salvati. I danni sono minimi rispetto al resto della città per lo più alberi sradicati e problemi di collegamento. Adesso si fa anche fatica a telefonare. Le linee sono stracariche e pure bastonate pesantemente, come tutto il resto di New York. Viene in mente l’11 settembre. Quasi inevitabilmente viene in mente quel tragico giorno in cui tutto si è fermato e un silenzio attonito ha afferrato gola e cuore di tutti. Ma oggi non è il 12 settembre. Non e’ stata la follia umana ammantata di motivazioni religiose a causare dolore e sofferenze. Qui c’è proprio il Mistero dell’esistenza che reclama il suo potere su tutto e su tutti. E’ diverso, molto diverso. Se l’11 settembre aveva squassato la nostra “self confidence”, il nostro senso di inattaccabilità e invincibilità, Sandy ha costretto la città piùpotente del mondo ad inginocchiarsi. Se l’11 settembre aveva infiammato negli animi il bisogno di “giustizia”, e in tanti, il desiderio di vendetta, Sandy ci ha “humbled”, resi umili. Il vecchio prete che celebrava messa a St. Andrews, cinquanta metri e un albero steso sul marciapiede da casa nostra, stamattina ha continuato a ripeterlo per tutti e cinque i minuti dell’omelia. Siamo resi umili di fronte alla potenza della natura, siamo resi umili dalla sofferenza di tanti, siamo resi umili dall’essere stati risparmiati, siamo resi umili dal doverci leccare le ferite e riparare i danni.  



Il colpo inferto da Sandy da un punto di vista strettamente materiale è enorme. Nessuno sa quanto tempo ci vorrà rimettersi in pista, a tornare al lavoro. La subway, la spina dorsale della quotidianità newyorchese, potrebbe restare fuori uso per giorni e giorni. Tante gallerie sono allagate e non sarà semplice rimettere i treni in condizione di viaggiare. Ponti e tunnel sono ancora chiusi, molte strade ostruite da alberi schiantati dalla forza del vento, una bella fetta di Manhattan ancora senza elettricità. Soprattutto Downtown, dove c’è Wall Street, lo Stock Exchange, l’altra spina dorsale – nel bene e nel male – quella dell’economia. 



“We are humbled”, siamo resi umili, e la vita – come sempre di fronte alle grandi prove – chiede di semplificarci, di distinguere quel che vale tanto e quel che vale poco. Anche quel che non vale niente. Halloween, le elezioni… tutto passa in secondo piano di fronte all’emergenza Sandy. Lo capiamo tutti. Lo devono riconoscere anche i candidati. Non so che cosa ci sia davvero nel cuore di Mr. Obama e Mr. Romeny in una giornata come oggi. Probabilmente vorrebbero proseguire a testa bassa nel loro tentativo di rubarsi quelle manciate di voti che presumibilmente decideranno queste elezioni di martedì prossimo. Correndo da un capo all’altro di quelli che chiamiamo “swing states”. Ma non e’ quello che la gente si aspetta da loro. Anche i candidati sono “humbled”, resi umili. Che lo vogliano o meno.



La realtà è ostinata.