La crisi tra Siria e Turchia continua a tenere col fiato sospeso il mondo, anche se nelle ultime ore il governo turco ha dichiarato esplicitamente di non avere intenzione di continuare su una linea militare ma di cercare soluzioni diplomatiche. Si continua però a bombardare oltre confine mentre Ankara sposta truppe lungo la linea che separa i due Paesi. Intanto il nostro ministro degli Esteri ha fatto sapere di considerare la posizione turca assolutamente legittima, in quanto Paese attaccato e quindi con il diritto di difendersi e rispondere agli attacchi. Per Giulio Terzi, la richiesta di autorizzazione di operazioni militare fatta dal governo turco al Parlamento è perfettamente legittima. C’è poi l’alleanza Nato, ha aggiunto, che garantisce la sicurezza dei Paesi alleati. Ilsussidiario.net ha chiesto al generale Carlo Jean cosa questo significa per l’Italia, membro della Nato: “La posizione dell’Italia è quella della Nato. L’Italia poi tiene conto che la Turchia è sicuramente un Paese che ha aumentato notevolmente la sua posizione strategica e quindi l’influenza italiana in Medio oriente può essere realizzata tramite accordo con la Turchia e non il contrario”.



Generale, la Turchia si è appellata all’Alleanza atlantica. Cosa vuol dire questo per l’Italia?

La Turchia ha fatto appello all’articolo 4 dell’Alleanza che autorizza l’impiego della forza in misura individuale. Cioè la Turchia ha chiesto ai suoi alleati di poter fare uso della propria forza militare contro la Siria.



Cosa succede se però la situazione degenera?

Se degenera si passa dall’articolo 4 al 5. L’articolo 5 significa difesa collettiva, cioè tutti quanti i Paesi membri devono intervenire militarmente.

Quindi l’Italia sarà obbligata a partecipare ad azioni militari di guerra?

Secondo il trattato di Washington che regola l’Alleanza atlantica, l’Italia in caso di applicazione dell’articolo 5 deve mandare il proprio sostegno nel teatro di guerra.  

Il che cosa significa, realisticamente?

Quale sia il sostegno non è precisato. Potrebbero essere appoggi logistici, supporto diplomatico, invio di cibo per i soldati o anche aerei.



Ma la Costituzione non impedisce al nostro Paese di partecipare ad azioni di guerra?

La Costituzione non centra perché in questo caso si fa appello alle Nazioni unite, nella fattispecie l’articolo 51 del trattato Onu che ammette l’impiego della forza per la difesa nazionale o la difesa collettiva. 

E la Nato? Può agire al di là dell’Onu?

Sì, perché si tratta di misure difensive.

 

Ci sono stati precedenti di utilizzo dell’articolo 5?

 

L’unico precedente di applicazione dell’articolo 5 è stato quello durante la cosiddetta guerra al terrore. L’unica volta da quando esiste la Nato in cui è stato evocato è stato dopo l’11 settembre.

 

Dal punto di vista della situazione attuale tra Siria e Turchia, che previsioni si sente di fare?

 

E’ in atto uno spostamento di truppe al confine tra i due Paesi, il che non significa un impiego militare per azioni di guerra, ma solo misure per non essere attaccati. Poi se l’artiglieria siriana spara sul territorio turco, la Turchia ha il diritto di autodifesa ai sensi dell’articolo 51 dell’Onu e può bombardare le artiglierie che bombardano la Turchia.

 

Ma perché la Siria avrebbe fatto un’azione così autolesionista bombardando il territorio turco?

 

Può darsi che siano errori commessi da comandanti di sottordine, oppure è la volontà del regime di dire: non vogliamo assoggettarci alle condanne che la Turchia ci ha fatto e al sostegno che dà alla rivolta.

 

Ci sarà un’escalation?

 

E’ una situazione delicata. Agire in Siria con la forza militare esporrebbe a un quadro di instabilità completa nel Medio oriente e non credo che la Turchia abbia la volontà di farlo. In Siria esiste poi una componete curda che in caso di intervento militare potrebbe chiedere l’autonomia e schierarsi con i curdi turchi.

 

E Cina e Russia?

 

Possono protestare però non possono vietare alla Turchia di autodifendersi.

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