Nel giorno in cui i capi di governo dei paesi dell’Europa meridionale incontrano i loro pari grado dei paesi a Sud del Mediterraneo (Italia, Francia, Malta, Portogallo e Spagna da un lato e Algeria, Libia, Marocco, Mauritania e Tunisia dall’altro), Mario Monti sarà chiamato a un importante test di politica internazionale. All’appuntamento di venerdì de La Valletta, infatti, saranno presenti sia il premier italiano sia i primi ministri François Hollande e Mariano Rajoy. Sarà l’occasione per riportare all’ordine del giorno dell’Unione europea i rapporti del Vecchio Continente con i paesi del Nord Africa, oltre che per fare il punto su problemi ancora irrisolti che ci vedono coinvolti da vicino, come nel caso della difficile transizione verso la pace e la stabilità politica della Libia. Il punto di Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni internazionali all’Università Cattolica di Milano.



Venerdì a La Valletta (Malta) si terrà il vertice dei capi di stato e di governo del dialogo Mediterraneo “5+5”, in un momento in cui il Mediterraneo non è certo il primo interesse dell’Unione europea. Cosa c’è da aspettarsi?

Cosa ci si debba aspettare francamente non lo so. Quello che è certo è che siamo di fronte a un tentativo da parte dei Paesi dell’Europa meridionale di riportare l’attenzione della comunità europea sui Paesi a Sud del Mediterraneo. Personalmente trovo interessante il fatto che tra i Paesi convocati ce ne siano alcuni che hanno avviato un processo di autoriforma come il Marocco, altri che si stanno avviando verso un’epoca nuova ma che hanno una notevole fragilità istituzionale, come la Libia, e altri ancora, come la Mauritania, che rischiano di vedersi fermare il progresso istituzionale visto in un passato recente. Insieme all’Algeria e alla Tunisia, dove tutto ha avuto inizio, sono oltretutto Paesi sì diversi ma accomunati da buoni rapporti con l’Occidente.



Di cosa si parlerà? Della crisi economica?

Certamente si parlerà anche di relazioni economiche, perché la crisi ha danneggiato i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo. C’è poi un segnale politico degno di nota, costituito dal fatto che i Paesi del Sud Europa e del Sud Mediterraneo mostrano un interesse oggettivo a collaborare per fare in modo che le transazioni in corso tanto in Europa quanto in Nord Africa possano avvicinarli, invece di allontanarli. È una scommessa fondamentale da cui dipende anche lo sviluppo futuro, a ripresa economica avviata.

Monti, Rajoy e Hollande potrebbero cogliere l’occasione per lanciare qualche segnale all’Europa?



Credo di sì. Vede, la Francia sta cercando di assumere un ruolo politico di Paese se non in competizione aperta con la Germania, sicuramente meno al suo traino. E Hollande lo sta facendo consapevole che Angela Merkel non è contraria a quest’idea: la Germania infatti ha paura di essere sola in Europa e se la Francia torna a proporre idee e progetti su cui discutere, non le dispiacerà per nulla. La Spagna, invece, sembra ogni giorno più sul punto di accettare gli aiuti europei, e nel momento in cui questa eventualità si avvicina ha bisogno di rafforzare i legami con gli altri Paesi. Per Monti, infine, si tratta di un ulteriore passaggio importante per ridefinire la posizione dell’Italia in Europa, in sintonia con gli altri Paesi; cosa che non è riuscita al nostro Paese in questi ultimi due anni. È impensabile che Monti, Rajoy e Hollande non parlino di queste cose. Non penso che lo faranno costruendo un’agenda dei paesi del Sud Europa che si opponga a quella dei paesi del Nord Europa, ma che piuttosto si integri ad essa.

A che punto sono i rapporti dell’Italia con la Libia?

Sono buoni: i libici hanno ribadito che gli accordi economici verranno mantenuti e che gli interessi comuni sono forti. Su questo non bisogna fasciarsi la testa. Piuttosto bisogna prestare attenzione al problema principale della Libia che è quello di mantenere il paese unito, sapendo che non sarà facile perché i rapporti tra Tripolitania e Cirenaica sono resi difficili della presenza di formazioni estremiste e armate che investono sull’instabilità del Paese. A mio avviso bisogna assecondare il governo libico nell’opera di disarmare le milizie, evitando che le armi si diffondano con eccessiva facilità.

 

Monti è sensibile a questo problema?

 

Fino ad ora il premier è andato avanti col suo programma e con una politica molto europea. D’altronde lì erano i problemi maggiori e lì aveva le sue carte vincenti da giocare. Tutto sommato, quello di venerdì è già un allargamento rispetto al suo normale campo d’azione.

 

(Matteo Rigamonti)