Il vento della guerra soffia sempre più forte al confine tra Siria e Turchia. Il governo di Ankara ritiene che la crisi siriana sia divenuta oramai una minaccia per la sicurezza del Paese e a breve chiederà l’approvazione del Parlamento per operazioni militari fuori dai confini nazionali. Mentre nuove operazioni dell’artiglieria turca si registrano già da questa mattina al confine tra i due Paesi, dove si trovano postazioni dell’esercito siriano, nella notte almeno cinque soldati delle forze fedeli al regime di Assad hanno perso la vita e più di 15 sono rimasti feriti nel corso di un raid ad opera di Ankara. Sembra che a scatenare la nuova reazione sia stato il colpo di mortaio esploso dalla Siria in territorio turco nella giornata di ieri, provocando la morte di almeno cinque persone. IlSussidiario.net analizza l’intera vicenda e i possibili scenari futuri con Giuseppe Bettoni, docente di Geopolitica nell’Università di Roma Tor Vergata e ricercatore all’Institut Français de Geopolitique dell’Università di Parigi.
Professore, cosa è accaduto?
Semplicemente la Siria è riuscita a mettersi contro l’unico attore dell’intera vicenda che probabilmente avrebbe fatto meglio a non provocare, cioè la Turchia. Facendo esplodere quei colpi di mortaio ha offerto ad Ankara la possibilità di aumentare la propria influenza sulla zona siriana attraverso un intervento diretto. Se Assad avesse lasciato proseguire il conflitto interno senza intervenire al confine, quasi certamente non avremmo mai assistito a un intervento esterno, come invece è avvenuto in Libia. Questo perché la situazione è ancora troppo complicata e, aiutando i ribelli, è difficile sapere con certezza chi si va a mettere al potere.
Come cambia la situazione adesso che la Turchia entra direttamente nel conflitto?
Senza dubbio cambia radicalmente, proprio perché non è possibile pensare di lasciare da solo un alleato della Nato che viene bombardato. Ankara ha fatto tutto sommato bene a rispondere agli attacchi siriani, ma adesso la questione va osservata ancora più da vicino.
In che modo?
Osservando con attenzione che tipo di rapporti hanno intenzione di stabilire i turchi con i curdi. Attualmente non sono certamente buoni, perché i curdi vorrebbero uno Stato che si ritaglia parte della Turchia, ma è anche vero che Ankara in questi ultimi mesi ha dimostrato una particolare attenzione nei confronti della sorte dei curdi siriani, e questo è un chiaro segno di avvicinamento.
In che modo questi rapporti possono risultare importanti?
La Siria, a differenza del passato, oggi si è inimicata sia la Turchia che i curdi. La Turchia, dal canto suo, se vorrà entrare in Siria dovrà necessariamente instaurare un buon rapporto con i curdi, altrimenti sarà costretta ad affrontare prima loro e poi l’esercito di Assad, ipotesi ovviamente da escludere. Quindi, se i turchi vorranno intervenire dovranno farlo insieme ai curdi oppure attraverso l’intermediazione di qualcun altro.
La Siria si è praticamente messa nei guai da sola?
Esatto, e questo è in parte positivo. Bombardare intere popolazioni non è mai un bene, ma è finalmente accaduto qualcosa capace di sbloccare una situazione ormai paralizzata, senza alcun intervento esterno ma sempre più grave a livello interno. Il lato positivo dell’intera vicenda è che adesso qualche Paese non potrà di certo rimanere indifferente, come la Russia.
Un Paese che ha anche ottimi rapporti con la Turchia.
Certo, quindi dovrà chiedersi se è il caso di continuare a difendere Assad, ormai considerato perdente, a scapito di un alleato importante come la Turchia. Difficilmente potrà farlo, infatti nel recente Consiglio di sicurezza la Russia ha mostrato un evidente imbarazzo rispetto alla situazione che si è venuta a creare. Non dimentichiamo inoltre che chi finanzia in questo momento Assad è l’Iran, un Paese che però dal punto di vista economico sta vivendo una crisi senza precedenti, quindi non so per quanto ancora potrà farcela.
Cosa crede che faranno adesso gli alleati Nato a sostegno della Turchia?
Difficilmente in questo momento si può immaginare un intervento diretto degli alleati. Credo sia improbabile che francesi e inglesi possano spendere, in una situazione come quella attuale, cifre importanti per intervenire nel conflitto siriano. Tanto meno gli Stati Uniti, con Obama che in piena campagna elettorale non potrà mai prendere una decisione di questo tipo. Gli alleati, almeno in questa fase iniziale, possono solamente immaginare un supporto alla Turchia per un’eventuale operazione di accoglienza profughi, di cui tra l’altro Ankara si sta già facendo carico.
Non possiamo immaginare alcun intervento militare in futuro?
Possiamo eventualmente immaginare un supporto strategico militare per eventuali operazioni turche, ammesso che Ankara lo chieda. Ma, se dovesse verificarsi un intervento occidentale, credo possa limitarsi a mirati interventi aerei su precisi obiettivi, con la Turchia che comunque dovrebbe guidare un’azione da terra. Non credo si possa fare di più.
Qual è invece la posizione italiana?
L’Italia non ha una gran voce in capitolo e non interverrà, a meno che non vi sia una chiara richiesta della Nato. In un momento come questo il governo Monti non potrà mai immaginare di staccare un cospicuo assegno per intervenire in Siria e, anche se dovesse arrivare una richiesta da parte della Nato, si limiterà a rimanere nell’ambito di queste azioni.
Cosa crede potrà fare adesso Assad?
Personalmente faccio fatica a capire l’attuale livello di controllo che Assad possiede sulla Siria. Quest’uomo, un “innocuo” oftalmologo che voleva studiare in Inghilterra, si è trovato quasi per caso a governare al posto del fratello, morto in un più che sospetto incidente stradale. Per questo mi chiedo: quanto, alle spalle di Assad, è presente il “clan” composto dalla famiglia che in realtà ha in mano l’intero potere decisionale? Resta il fatto che in questo momento Assad non può fare molto: è ormai troppo tardi per agire su altri attori, quindi può scegliere di continuare il massacro che da tempo sta attuando oppure di cercare personalmente una via di fuga. Quest’ultima ipotesi, però, non deve far pensare a una sua definitiva sconfitta, perché difficilmente gli alawiti lasceranno cadere tutto, a meno che non riescano a negoziare con i ribelli.
(Claudio Perlini)