Il premier greco ha lanciato un nuovo ennesimo appello: a novembre non ci saranno più soldi, o l’Europa ci aiuta o ci sarà la bancarotta. Il che può significare scenari tragici, ad esempio che il partito nazista greco, attualmente terza forza politica, possa prendere il potere. Samaras ha infatti paragonato la Grecia di oggi alla Germania disastrata della Repubblica di Weimar, dove la terribile crisi economica fece il gioco di Hitler portandolo al potere. Secondo Dimitri Deliolanes, corrispondente in Italia della radio-tv pubblica greca ERT, Samaras sta cercando di agitare davanti alla Germania e agli altri creditori stranieri spettri che non reputa però possibile possano diventare concreti. “Samaras” ha detto Deliolanes a ilsussidiario.net “di fronte all’Europa che rifiuta qualunque compromesso con la Grecia, sta lanciando un avvertimento: sono l’ultimo vostro interlocutore, dopo di me non ci sarà più nessuno a discutere con voi”.
Casse vuote a novembre: Samaras se n’è accorto solo adesso?
In realtà lo sapevano tutti, non è che ha rivelato un gran segreto. Il problema è la Grecia già in primavera doveva incassare una tranche da 35 miliardi di euro prevista dal memorandum due secondo l’accordo con l’Unione europea.
Perché quei soldi non sono arrivati?
A causa delle doppie elezioni che ci sono state tutto è andato a rilento. Adesso è in corso una durissima trattativa che va avanti da fine agosto con la troika. Samaras ritiene che il suo progetto di tagli nella finanziaria del 2013 sia il massimo di sacrifici che può chiedere al popolo greco.
E la troika non è d’accordo?
Alla troika questo non va bene e vuole imporre tagli per altri 2,5 miliardi. Su questo braccio di ferro durissimo si innesta questo annuncio di Samaras che dice: se volete che la Grecia non solo rimanga nell’euro ma continui a essere Paese vostro interlocutore dovete accettare la mia linea politica.
Samaras ha prospettato scenari inquietanti se questo non avverrà.
Ha fatto questo paragone molto allarmante con la Repubblica tedesca di Weimar. Il messaggio che vuole dare all’opinione pubblica tedesca e ai nostri interlocutori in generale è essenzialmente questo: guardate che io sono il vostro ultimo interlocutore che vi viene incontro. Dopo di me ci sarà un governo di sinistra che non farà altrettanto, e c’è anche il rischio di destabilizzazione della Grecia con scoppio di violenza cieca e distruttrice.
E il pericolo nazista? E’ concreto?
Non credo. I pericoli vengono dalla disperazione dell’opinione pubblica che nella sua rabbia trova nei nazisti uno strumento. Ma finora sta prevalendo una rabbia cieca senza nessun tipo di motivazione politica.
Esiste il pericolo di un colpo di mano dei militari? In passato la Grecia visse una esperienza del genere.
Personalmente non ho informazioni di cosa succeda dentro l’esercito, però sembra che non sia probabile. La tragica esperienza della dittatura militare finì con l’invasione turca di Cipro e nessun militare è così folle da ripercorrere quella strada. In realtà, proprio domenica scorsa un quotidiano di Atene ha parlato di questo rischio citando un progetto, se non di golpe, di pronunciamento militare per condizionare l’allora governo Papandreou. Francamente credo sia una manovra mediatica.
Cioè?
Pompare questo tipo di possibili pericoli per la democrazia in maniera che ci sia nei nostri creditori stranieri e anche nell’opinione pubblica greca la consapevolezza che non ci sia alternativa alla strada indicata da Samaras.
Pare però che Samaras voglia fare tagli ai sussidi degli agricoltori, finora l’unica categoria non toccata dai tagli. Come mai?
Perché prendono la pensione più miseria che ci sia in Grecia, circa 300 euro al mese. Non è che prendevano soldi “a sbafo”, c’era stata una distribuzione dei fondi europei all’agricoltura sbagliata e molte pensioni date a persone che con l’agricoltura non centravano nulla. La misura più sconvolgente è invece il taglio di tredicesima e quattordicesima nel settore pubblico. Nell’attuale braccio di ferro c’è poi la possibilità o no di licenziare gli statali. La troika vuole 150mila licenziamenti entro il 2015 e il governo resiste, perché non è possibile aumentare ancora i licenziamenti con la disoccupazione a questi livelli. Per questo si limiterebbe a non coprire più con nuove assunzioni i posti lasciati liberi da chi va in pensione.