Si parla di 90 milioni. Novanta milioni di cittadini americani molto probabilmente non andranno a votare, non si avvarranno del diritto politico supremo per decidere in mano a chi mettere questo paese. Cosi dicono i sondaggi più recenti. Novanta milioni sono proprio tanti… pensate che Obama nel 2008 di milioni di voti ne raccolse poco più di sessantanove.



Perchè? Cosa pensano questi 90 milioni di persone? Non hanno a cuore il loro paese? Non credono che un Presidente possa fare la differenza? E l’attaccamento al Partito?

Verrebbe istintivo dire che a queste cose tengono solo i 135 milioni o poco più che voteranno. Ma dobbiamo provare a rispondere ragionevolmente perché chiunque capiti qua capisce benissimo che gli Americani al loro paese ci tengono, e tanto.



Possiamo cominciare a rispondere stilando una lista nuda e cruda di fatti:

Si vota di Martedi (il Martedi dopo il primo Lunedi di Ottobre, cosi stabilisce la legge della “General Election of Public Officials”). E il Martedi la gente normale lavora. Votare in un Martedi di Novembre ha le sue ragioni storiche, ma oggi appare chiaramente anacronistico. Comunque, cosi è, e trovare tempo per andare al seggio si fà complicato.

La legge è tale per cui  il candidato che ottiene la maggioranza in uno Stato si porta a casa tutti i voti elettorali a disposizione. Ora, un gran numero di Stati ha una connotazione partitica ben definita, cioe si sa benissimo che la maggioranza di quelli che di solito votano appoggiano un certo partito. Quindi se un Mr. Smith, di idee repubblicane, è chiamato a votare, ad esempio, a New York, in California o in Pennsylvania (Stati a schiacciante maggioranza Democratica), costui sa benissimo che il suo voto sarà irrilevante, e può evitarsi lo scomodo di una corsa al seggio. Stesso discorso per Mr. Jones, di pensiero democratico, che vive in Texas, Mississippi o Alabama.



Per votare occorre essere “registered”, iscritti agli appositi elenchi elettorali. Non che sia una gran manovra, basta farlo una volta nella vita, ma bisogna farlo, non è automatico. Si compila e si spedisce un “form”, o ci si iscrive “online”, ma devi agire tu, perchè l’America non ti registra da sè, l’America non fà (quasi) niente per te; sei tu che devi fare per l’America.

Possiamo proseguire con una seconda lista, quella di “pensieri comuni alla gente comune”:

1) Ci sono due Partiti, ma non si vedono differenze sostanziali;

2) Un Presidente vale l’altro. È vero che l’attuale non ha fatto granchè, ma il prossimo farebbe meglio?

3) Io ho da fare, devo lavorare, non ho tempo nè interesse per la politica.

E l’attaccamento al partito? Capisco che quando vediamo immagini delle “Conventions”, con tutta quella gente bardata con cotillions, bandierine, cappellini, oltre a venirci da sorridere, ci viene anche da pensare che – sebbene altamente folkloristico – l’amore per il Partito è cosa diffusa. Beh, non lo è. Certo, ci sono attivisti e volontari, soprattutto sotto elezioni, ma è molto più probabile che un Americano si definisca “Liberal” o “Conservative” piuttosto che “Democratico” o “Repubblicano”. Si guarda al Presidente come si guarda ad un allenatore: funziona? Si va bene? Confermiamo! Sennò’ si cambia, e non è che tradisco qualcuno, voglio cambiare. Pensate che una città “liberal” come New York elesse due volte un Repubblicano come Giuliani (repubblicano e “liberal”), e dopo di lui Bloomberg (stessa storia). Per chi non lo sapesse, Abraham Lincoln, quello che tutti ricordiamo come l’uomo dell’abolizione della schiavitù era repubblicano. “Liberal”? Fate voi, ma repubblicano lo era di sicuro.

Sapete come ci si iscrive ad un partito in America? Io l’ho scoperto quando sono diventato “citizen”. Tra le carte che ti danno da sottoscrivere c’è n’è una in cui devi indicare la tua scelta: democratico, repubblicano o indipendente. Questa scelta ti dà diritto ad esprimerti durante le “primarie”, quella fase elettorale in cui ogni partito sceglie il suo candidato. “That’s it”, tutto qui il livello di affiliazione.

Così funziona nella “terra dei liberi”.