Secondo quanto riportato dall’Agenzia Fides, ieri a Homs è stato ucciso l’ultimo cristiano rimasto in città. L’uomo, Elias Mansour, ottantaquattrenne cristiano greco-ortodosso, si era rifiutato di essere evacuato con la popolazione civile, che ha abbandonato la città a causa dei combattimenti tra ribelli e governativi. L’anziano era perfettamente consapevole che la sua vita era in serio pericolo, ma non ha voluto lasciare la sua casa al centro della città per restare vicino al figlio handicappato, di cui si occupava da anni e di cui per il momento non si hanno notizie. L’ultima delle tante storie di cristiani, presi di mira dagli insorti e dai governativi, braccati nell’area di Wadi Sayed, abitata da sunniti e cristiani. Si fa sempre più incerto il loro futuro e la paura è che li attenda il destino dei tanti cristiani che, dopo l’invasione americana dell’Iraq nel 2003, hanno dovuto abbandonare le proprie abitazioni, lasciare tutto e fuggire. Un destino che ha colpito più di 700mila persone, che hanno dovuto lasciare l’Iraq. I cristiani in Siria rappresentano circa il 10% della popolazione e, in passato, alcuni di loro hanno ricoperto anche importanti cariche all’interno di ministeri e uffici pubblici. Oggi tutto è cambiato e, secondo fonti vicine alla Santa Sede, sarebbero almeno 300mila i cristiani sfollati e che hanno perso tutto. “Ci sono notizie- dice Padre Gheddo, sacerdote del Pontificio Istituto Missioni Estere- provenienti da molte parti della Siria di uccisioni di cristiani. Stiamo assistendo a una sorta di pulizia etnica, una vera e propria persecuzione. Mentre all’inizio la protesta sembrava prendere una via pacifica sull’esempio di altri Stati, come la Tunisia, in Siria la situazione è precipitata da tempo”. La soluzione per molti è quella che i cristiani emigrino e lascino definitivamente il Paese. “Non è giusto- afferma ancora Padre Gheddo- perchè dovrebbero essere sradicati e lasciare le loro case e perdere tutto ciò che hanno, magari per andare nei campi profughi in Giordania, in Libano o in Turchia? Dove e quando troveranno una nuova terra per le loro famiglie e ricostruire il loro futuro?  



C’è il rischio che si ripeta ciò che è accaduto in Iraq, con la fuga di centinaia di migliaia di cristiani che ora sono sparpagliati per i Paesi del Golfo”. Cosa può fare l’ Occidente: “Sicuramente- dice Gheddo- non dovrebbe rifornire di armi i ribelli, perchè si rischia di trasformare la Siria in un nuovo Iran, uno Stato islamista e intollerante. Dove trionfa l’odio e la violenza vincono le forze più estremiste e disumane”. Una maggiore unità delle diverse confessioni cristiane potrebbe alleviare le sofferenze? “Le varie Chiese cristiane orientali, in particolare quelle siriane- dice ancora Gheddo- sono abbastanza unite fra di loro, soprattutto in questo momento”. “La Primavera araba è stata un fatto positivo per il mondo musulmano anche se, per il momento, in Siria stiamo assistendo a violenze inaudite- conclude Padre Gheddo- Purtroppo, all’interno dei ribelli si stanno facendo sempre più strada le forze di Al Qaeda, che hanno snaturato una protesta di giovani che chiedevano diritti e libertà per tutti. Appare sempre più chiaro che l’Islam deve cambiare per entrare nel mondo moderno. Il nucleo di questa guerra civile è proprio questo: l’Islam, come è interpretato e vissuto oggi dalla popolazione, fa a pugni con il mondo moderno. Possiamo notare come nei Paesi islamici più avviati verso la modernità, come il Bangladesh o la Malesia e l’Indonesia, le forze democratiche che non commettono violenze contro le altre religioni, finiscono per avere la maggioranza”.

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