E’ arrivato l’effetto Sandy. I primissimi sondaggi post-urgano sembrano avvalorare la tesi che la gestione dell’emergenza possa giocare a favore del Presidente. Il 78% degli americani approva l’operato di Obama in questa fase e solo l’8% se ne dichiara insoddisfatto. L’ex senatore di Chicago sta passando queste giornate tra Washington e i luoghi più colpiti dalla tragedia, in particolare il New Jersey.



E’ un segnale chiaro che Obama vuole dare all’elettorato americano: la mia campagna elettorale si è fermata, assumo fino in fondo il mio ruolo di Commander in Chief per il bene della nazione. Il New Jersey non è uno stato in bilico, i democratici sono avanti 20 punti. Quindi il presidente uscente non ne avrà un diretto tornaconto, come sarebbe avvenuto se si fosse recato in Pennsylvania o in Virginia, rischiando di essere tacciato di opportunismo elettorale.



Ma i primi risultati di questa scelta già si intravvedono. Oggi, per la prima volta, la destrorsissima Fox ha dato i candidati appaiati (46% a testa) nel voto popolare nazionale, che vedeva Romney in testa da un paio settimane. Conta poco con la legge elettorale statunitense, ma è indicativo. E altri segnali, ben più importanti, arrivano da sondaggi usciti oggi sugli swing states: buone notizie da Colorado, Michigan e Ohio. E anche dalla Florida, che sembra riaprirsi (il sondaggio di oggi dà pari i due candidati). Va detto che negli Usa i sondaggi sono tendenzialmente più di parte e meno affidabili che in Italia: è forte la tendenza degli istituti americani a essere più vicini all’uno o all’altro schieramento.



Ma non sono questi i sondaggi più interessanti per capire meglio che cosa sta accadendo qui, bensì quelli sulla composizione del voto. E la verità che ne emerge è, per certi versi, sconfortante: l’America è tornata a votare sulla base del colore della pelle o dell’etnia di appartenenza. E’ una banalizzazione, ma in buona parte corrisponde al vero. Mitt Romney è in vantaggio di 23 punti tra gli elettori bianchi, mente Obama gode del consenso dell’80% della popolazione nera e del 73% dei latini. Naturale? Mica tanto. La distanza tra Obama e McCain, tra i bianchi, era di 8 punti.

Dati che confermano una sensazione che avevamo avuto in queste settimane: Obama è il candidato delle minoranze di questo Paese. Minoranze sempre più forti, inserite e numerose, ma sempre minoranze. Afroamericani, latini e asiatici sono in larghissima parte con il presidente uscente. Romney lo sa, per cui ha tentato la carta alternativa: si è presentato come il campione dell’americano tipo, bianco e di origine puramente statunitense (per come sia possibile essere originari di una nazione che ha solo poco più di 200 anni).

Il candidato repubblicano sa bene che è l’ultima occasione per giocare una partita di questo genere: tra 2000 e 2010 solo gli ispanici sono cresciuti del 43%, di fronte a una crescita generale della popolazione americana del 5%. Finora, leggendo i sondaggi, l’operazione gli è riuscita discretamente: ha schiacciato Obama nella rappresentanza delle minoranze, recuperando una parte di America profonda che aveva scelto il candidato democratico nel 2008. Ma non è detto che basti.

Ce lo conferma Kamal, il tassista bengalese che ci riporta a casa dopo la partita di NBA, un’accesa Philadelphia 76ers contro Denver Nuggets (anche se, purtroppo, Gallinari non giocava). Kamal è arrivato dal Bangladesh 9 anni fa in cerca di fortuna e oggi guida un taxi per una cooperativa. Una storia come ce ne sono a milioni, negli Stati Uniti. Ci spiega che a lui non dispiace nemmeno Romney come candidato, ma che voterà sicuramente Obama. Perché, testuali parole, “l’America è come un taxi: deve andare avanti, non può tornare indietro”. E Romney su molti versanti, quello dell’integrazione in primis, ha innestato la retro. Ma c’è anche un’altra cosa che spaventa Kamal: dopo essere stato picchiato da un cliente del taxi, si è presentato in ospedale per un checkup di due giorni. Si è sentito chiedere 16.000 euro come corrispettivo per la prestazione. Per fortuna la spesa era a carico dell’assicurazione del datore di lavoro, altrimenti non avrebbe saputo come fare, ci spiega. E anche da questo lato Kamal si sente più tutelato da Obama. E, onestamente, sarebbe pure difficile dargli torto. 

 

Vicesegretario nazionale dei Giovani Democratici, Giacomo Possamai si divide tra Vicenza (dove vive), Bologna (dove studia Giurisprudenza) e Roma. Attualmente segue in prima persona la campagna elettorale di Barack Obama dagli Stati Uniti. 

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