“Il deficit del bilancio federale e le politiche economiche messe in atto da Barack Obama possono portare l’America sulla strada della Grecia o sulla strada della crisi economica come in Europa, in Spagna, Italia e in altre parti del mondo”. A chiamare in causa il nostro Paese è il candidato repubblicano Mitt Romney, durante un comizio a Roanoke, in Virginia. A cinque giorni dall’Election Day, l’avversario dell’inquilino della Casa Bianca si lancia in un attacco a gamba tesa a Obama e, indirettamente, anche all’Italia. «La frase incuriosisce parecchio – dice Furio Colombo, Deputato del Pd e storico inviato de La Stampa e Repubblica negli Stati Uniti, interpellato da ilSussidiario.net -: non credo che 25 milioni di italo-americani vedano l’Italia in quel modo, soprattutto, alla luce del fatto che le nostre difficoltà sono comuni a molti altri grandi paesi del mondo, certamente in modo minore rispetto alla crisi che, ad esempio, sta tentando di superare il Giappone. In più, il prestigio di cui Mario Monti gode presso la Casa Bianca è noto a tutti. E’ una frase elettorale davvero scriteriata».
La strategia di riduzione della disoccupazione del presidente uscente è davvero tanto criticabile?
La politica occupazionale di Obama è tutt’altro che scadente, dal momento che si è registrata una crescita del 2% degli occupati, fatto che non era mai accaduto, ad esempio, con George W. Bush. Occorre ricordare che tutti i mandati dei presidenti democratici hanno portato di gran lunga più prosperità, anche nei momenti difficili dell’America, di quanto non abbiano portato le amministrazioni repubblicane. Ad esempio, Reagan ha concluso il suo mandato con un immenso debito, ma Bill Clinton ha lasciato al suo successore un surplus di un trilione di dollari, una cifra spaventosamente alta. George W. Bush ha invece concluso il suo periodo alla Casa Bianca con un buco di un trilione di dollari. Ritengo che Romney dovrebbe essere più prudente e più consapevole durante i suoi discorsi: ad esempio, pochi giorni fa ha detto “Il 47% degli americani che non possiedono nulla e chiedono sempre qualcosa allo Stato, non mi interessano”. Un’affermazione priva di senso. Dunque, se fossi uno di questi cittadini, direi: “A me non interessa Romney, ma Obama che si occupa di dare cure mediche gratuite a tutti gli americani”.
Romney ha nuovamente chiamato in causa, indirettamente, l’Italia agitando lo spettro di uno spostamento di Jeep in Cina e facendo intendere che Sergio Marchionne è un “partner economico” inaffidabile. Quanto c’è di vero in tutto ciò?
Romney appartiene al mondo degli affari senza scrupoli e sospetta che Marchionne sia uno come lui e che menta quando dice che non porterà la produzione della Jeep da Detroit alla Cina. Obama si è preso un bel rischio quando si è messo in casa l’ad del Lingotto, indubbiamente bravo ma infido. Il candidato repubblicano pensa che Marchionne faccia lo scherzo che ha tirato all’Italia portando la produzione della 500L in Serbia. Romney insinua la scarsa affidabilità di Marchionne per dare una stoccata a Obama, non riconoscendo però che i due, insieme, hanno salvato un colosso come Chrysler, destinato al fallimento.
Il passaggio dell’Uragano Sandy sembra aver spostato gli equilibri consegnando punti preziosi a Obama. Si è trattato di una strategia vincente messa in campo dal presidente uscente o una grave lacuna del candidato repubblicano?
Romney ha gestito male la situazione sin dall’inizio. In campagna elettorale, quando l’emergenza non era neppure prevista, ha detto che la Protezione Civile sarebbe stata una delle prime agenzie da tagliare, eliminazione tutt’ora presente nel suo programma elettorale. Un servizio che, secondo i suoi piani, dovrebbe essere gestito molto meglio dai privati. Ora, mi domando quale privato avrebbe riempito New York e le rive del fiume Hudson dei sacchi di sabbia che, prontamente, hanno messo gli addetti della Protezione Civile. L’uragano è stato un banco di prova per verificare l’insensatezza delle proposte di Romney, totalmente a favore della “upper-class”. Io spero che gli americani, popolo pragmatico e privo di ideologie, ne tengano conto alle urne e votino Obama, che con tempestività energia e vigore affronta emergenze di questo tipo. Pensiamo solo a cosa non ha fatto il suo predecessore repubblicano per cercare di arginare i danni di Kathrina su New Orleans.
Su cosa punteranno i due candidati in questi cinque giorni di rush finale?
Credo che Obama punterà sul fatto di ricordare agli americani che la sua presidenza è la prima, dagli anni di Reagan, che non accende nuovi conflitti ma, anzi, ha tentato disperatamente di concludere quelli in corso. L’altra cosa su cui immagino premerà il presidente uscente è che, proprio nei momenti di crisi, lui ha saputo far valere quegli strumenti preziosissimi come l’unità e la solidarietà: invece di abbandonare gli ultimi della fila, lui ha saputo stringere gli americani come ai tempi del New Deal di Roosevelt, tempi in cui gli Stati Uniti si sono salvati e sono diventati grandi. Non riesco, invece, a immaginare che cosa potrebbe dire Romney, che prevede radicali tagli ai servizi sociali e al welfare che finirebbero per compromettere la pace sociale.