Neppure nel giorno più infausto della storia della Comunità europea, con proteste, cortei, violenze e incidenti in 23 Paesi, la Germania sembra rinunciare ai suoi infausti (ci scusiamo per la ripetizione) principi.
Sostanzialmente, spiegano i cultori del “rigore assoluto”, il duo Merkel-Shauble innanzitutto, che viene prima la nazionalità e poi la povertà. In termini brutali, altro che programmi europei per combattere la povertà, la fame in questo caso: ognuno si preoccupi dei suoi poveri. E’ questo il messaggio “europeista al contrario” che si coglie all’interno della Comunità europea.
Se c’è ancora qualcuno che non ha ancora capito perché l’Europa non ha voluto riconoscere le sue radici cristiane, le radici della carità, in questa occasione può comprenderlo con evidenza.
Andrea Giussani, presidente della Fondazione Banco Alimentare italiana, parla al cellulare dall’atrio di un “palazzo europeo” di Bruxelles. Insieme alla collega francese ha appena incontrato il Presidente della Commissione Europea, Josè Manuel Barroso, che gli ha dimostrato tutta la sua comprensione e solidarietà, ma gli ha pure spiegato che la posizione tedesca e quella di alcuni Stati del Nord Europa non può rassicurare l’iniziativa della Federazione europea dei Banchi Alimentari, che raccolgono le eccedenze per ridistribuirle a chi ne ha bisogno.



Che cosa sta succedendo Giussani? Noi abbiamo sostenuto un aiuto alimentare per i più bisognosi a livello europeo, con un programma, il PEAD, che riguardava le eccedenze agroalimentari e una portata di 500 milioni di euro. Questo programma è stato bloccato l’anno scorso con un ricorso della Germania alla Corte europea che si basava proprio sul principio che ogni Paese deve badare ai suoi poveri. Nell’aprile del 2011 la Corte ha dato ragione alla Germania.



A questo punto? C’è stata una lunga negoziazione tra gli Stati, soprattutto tra Francia e Germania. Una lunga trattativa che comunque aveva spuntato qualche cosa. In sostanza, la voce in bilancio dell’aiuto non riguarda più il settore agro-alimentare, ma quello sociale. Quindi non riguarda più solo la distribuzione di cibo a chi ne ha bisogna, ma va ad assommarsi ad altre voci, ad altri bisogni vari, come l’abbigliamento, la casa. Si è di fatto spalmato un obiettivo primario in programma più generico, ma nello stesso tempo si è ridotto il sostegno complessivo che è passato da 500 milioni di euro a 340 milioni. Una prima botta consistente di riduzione.



Ma la storia, a quanto sembra non pare ancora conclusa. Noi oggi siamo stati ricevuti ufficialmente da Barroso, ma siamo venuti a Bruxelles per consultare diverse persone, per far comprendere le necessità che sempre più persone in Europa devono affrontare di fronte all’incalzare della crisi. Ma l’idea che ogni Paese deve pensare ai suoi poveri e quindi un povero polacco non può essere aiutato da un tedesco, è sempre più difficile da combattere.

Che cosa succede nel prossimo futuro in sostanza?

Intanto con questa facilità dei tagli di bilancio, i 340 milioni sono diventati 300, con il particolare che mentre prima si operava, con il PEAD a 500 milioni, su venti Paesi, ora si deve operare con trecento milioni su 28 Paesi, perché a luglio prossimo nella famiglia europea entra anche la Croazia. Quindi si amplia l’area di intervento e il numero di persone da aiutare e si riduce, in base a questi criteri, la possibilità concreta di aiuto. 

Che rassicurazioni ha potuto darvi Barroso? Lo abbiamo trovato schierato sulle nostre posizioni, ma ci ha pure avvertito che la Germania e alcuni Paesi del Nord Europa non rinunciano a ribadire in ogni sede i loro principi. La battaglia quindi diventa sempre più difficile. 

(Gianluigi Da Rold)