La tregua chiesta da Israele per la visita a Gaza del premier egiziano, Hisham Qandil, è sfumata. Proseguono infatti da ieri mattina gli attacchi palestinesi da Gaza verso Israele nonostante l’annuncio del premier Benjamin Netanyahu di uno stop dei raid israeliani. Mentre Israele accusava Hamas di non rispettare la tregua proclamata in concomitanza con la visita in corso nella Striscia di Gaza del premier egiziano Hisham Qandil, il gruppo radicale palestinese a sua volta ha denunciato un nuovo raid dell’aviazione dello Stato ebraico. Per Ilsussidiario.net abbiamo contattato lo scrittore Michael Sfaradi, che ha partecipato come giornalista “embedded”, al seguito delle truppe israeliane, all’operazione “Piombo fuso” del 2009. Attualmente si trova nella zona di Tel Aviv e collabora con la Tel Aviv Jounalist Association scrivendo per due testate web.
“Sono pronto per partire in caso abbiano inizio le operazioni di terra” ci dice e aggiunge: “Non sono un giornalista, ma uno scrittore. Tutto è iniziato nel 2007, quando contattai alcune redazioni per concordare recensioni per il mio primo romanzo Il sorriso della morte. Proprio in quel periodo uscì su uno dei soliti siti nazi-comunisto-islamici la famosa lista dei docenti di religione ebraica: non si trattava di critiche fondate e ragionate, ma solo di un vero e proprio atto di antisemitismo che rischiava, peraltro, di mettere in pericolo persone che non avevano mai fatto nulla di male. Quel fatto mi fece così male che chiesi alla persona con cui ero in contatto, il direttore de L’opinione della libertà, di scrivere un pezzo”.
Qual era il contenuto del pezzo?
Una sorta di condanna, un urlo che servisse a dare la sveglia all’opinione pubblica su un imperante ritorno dell’antisemitismo. Pensavo che quello fosse un caso isolato, ma la redazione continuò a contattarmi e mi chiese altri pezzi. Ho collaborato anche con molte altre testate e sono diventato un giornalista professionista.
Cosa ti ha spinto a seguire le truppe israeliane?
I motivi sono molti, ma ce n’è uno che ha vinto su tutti. Durante la seconda guerra in Libano, quando furono rapiti due soldati israeliani, che tornarono cadaveri, e durante l’operazione “Muro di difesa”, che portò all’azzeramento degli attentati suicidi all’interno del territorio di Israele, la stampa italiana, nella quasi totalità, non riportava mai le notizie per ciò che erano veramente.
Disinformazione?
Certo, la disinformazione sui media italiani, anche in questi giorni, è vergognosa. Per me stare dieci, venti o trenta passi dietro la prima linea per vivere in prima persona ciò che succedeva e vedere da vicino il comportamento dei soldati di Israele nei confronti dei prigionieri e della popolazione civile, che non ha nulla a che fare con ciò che viene raccontato in Italia, è stato il motivo per andare avanti a raccontare agli italiani la verità dei fatti. E’ molto difficile destreggiarsi in un mondo come quello dell’informazione italiana, che è in mano a persone che hanno interesse a non far capire qual è l’oggettività dei fatti.
A chi ti riferisci?
Alla quasi totalità dei giornali. Ci sono decine di esempi, in cui la notizia di un attentato nei confronti di militari israeliani di stanza al confine o lanci di missili verso le città israeliane nel raggio di tiro dei Qassam è stata sistematicamente “congelata” in attesa di una risposta da parte dell’esercito israeliano, per poi mettere in prima pagina, e a pieno titolo, l’aggressione israeliana.
La stampa italiana è filo-palestinese?
Una parte della stampa è filo-palestinese e un’altra parte non fa ordine in ciò che scrive. E questo è grave perchè la gente, in Italia, non conosce la realtà. Il livello è da terzo mondo, altrimenti io avrei continuato la mia tranquilla carriera di scrittore.
Quindi, la tua è una sorta di missione?
Alla fine lo è diventata, ed è per questo che sono free-lance e non accetto imposizioni sui pezzi che scrivo.
Se ti chiedessero, come giornalista, di seguire l’esercito palestinese?
Non potrei mai farlo. Mi ammazzerebbero dopo un minuto.
Tornando ad oggi: è possibile che si scateni una guerra?
La situazione non è grave solo oggi ma lo è da dodici anni. Gaza è stata completamente evacuata: non c’è più un colono e i gazani non hanno un solo motivo politico di lanciare missili verso Gerusalemme. Ariel Sharon decise di lasciare Gaza senza chiedere contropartite, ma con la sola speranza che la liberazione di quei territori potesse essere il seme di un nuovo ordine, da cui scaturissero colloqui seri. Così non è andata. L’evacuazione di Gaza ha spostato soltanto la linea di fuoco e ha messo città importanti come Ashkelon, Ashdod e Sderot sotto il tiro dei missili. In quel periodo, l’Iran ha pensato bene di dare una mano rifornendo Al-Qassam, l’ala militare di Hamas, dei missili più avanzati, mettendo automaticamente sotto tiro anche Tel Aviv. Il resto è storia delle ultime ore.
Non esiste, quindi, un’ occupazione di Gaza?
No, è un falso e occorre che la gente lo sappia. Gaza, ormai da anni, non è più occupata. Eppure si continua ancora a sparare su città all’interno della Linea Verde, quel confine del 1948 che racchiude i territori israeliani “propriamente detti” che, sottolineo, non fanno parte delle aree contese: si tratta di Israele “nuda e pura” che, nonostante ciò, è stata presa di mira da 14mila missili per dodici anni. Un milione e ottocentomila persone vivono, giornalmente, sotto questa continua minaccia ed è da dodici anni che il mondo finge di non vedere e apre gli occhi solo quando Israele dice: “Adesso basta”. Poi, improvvisamente, inizia il cessate il fuoco che dura due settimane. E poi tutto inizia da capo.
Qual è la soluzione?
Occorreva intervenire prima e spiegare ad Hamas che lanciare missili su una nazione è un atto di guerra. I palestinesi dovrebbero conoscere bene le convenzioni di Ginevra e l’espressione “crimine contro l’umanità”. Sparare contro una città è un crimine contro l’umanità. Purtroppo, le convenzioni di Ginevra sono come la Sacra Bibbia: tutti ne sono in possesso ma nessuno le legge.
C’è una scena o un episodio che non avresti mai voluto vedere?
Posso raccontare ciò a cui ho assistito e sono felicissimo di aver visto. Durante “Piombo fuso” l’esercito israeliano, tutti i giorni dalle 11 alle 13, fermava le operazioni militari per permettere il passaggio dei feriti dal territorio di Gaza verso Israele, in modo che venissero trasferiti in ospedale. Ho visto corridoi umanitari sfruttati per poter far passare camion carichi di beni di prima necessità da Israele verso la popolazione di Gaza. E ho anche visto Hamas approfittare di queste due ore di pausa per lanciare più comodamente missili verso Israele.