Migliaia di palestinesi di diversi campi profughi presenti in Libano sono scesi nelle strade, per condannare l’attacco di Israele contro la Striscia di Gaza e spingere Hamas a lanciare nuovi missili. Mentre dai territori palestinesi partivano razzi Fajr-5 di fabbricazione iraniana contro la capitale ebraica Gerusalemme, gli striscioni per le strade del Libano inneggiavano: “Non vogliamo la pace con una banda di assassini e di criminali”. Mentre su altri erano riportate le parole “Più razzi contro Tel Aviv” e “Colpite Tel Aviv”. Ilsussidiario.net ha intervistato Georges Corm, professore dell’università cattolica libanese di Saint Joseph, economista ed esperto di politica mediorientale.
Professor Corm, che cosa ne pensa della situazione che si è creata in queste ore nella Striscia di Gaza?
La situazione nei territori occupati in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza è scandalosa fin dalle elezioni del 2006, quando il vincitore Hamas non è stato riconosciuto come interlocutore né da Israele né dai poteri occidentali. C’è stata chiaramente un’escalation, e chiunque in base a quella che è la sua posizione può scegliere di condannare Israele o Hamas. Da un punto di vista militare, il dato di fatto è l’accresciuta capacità da parte di Hamas di inviare missili e di difendersi da Israele con le proprie forze. Quella della Striscia di Gaza e della Cisgiordania è una popolazione senza alcun diritto, in quanto Israele non fa altro che estendere i suoi insediamenti e nessuno fa pressione sullo Stato ebraico. Negli ultimi anni la situazione è stata relativamente tranquilla, non so perché la situazione sia degenerata ma ritengo improbabile che Hamas abbia fatto salire la tensione in modo intenzionale.
La responsabilità è anche delle divisioni tra i palestinesi?
Non sono i palestinesi a essere divisi, ma la loro leadership. Nel 2006 Hamas ha vinto le elezioni in Cisgiordania e a Gaza, e ha formato un governo di unità nazionale. Né l’Olp di Mahmoud Abbas né Israele né i poteri occidentali erano pronti per gestire il risultato democratico delle elezioni. E’ stata questa incapacità a provocare tutti i problemi.
Come valuta il ruolo giocato dall’Occidente in Palestina negli ultimi anni?
Non esiste alcuna politica chiara da parte dell’Occidente per quanto riguarda la Palestina. L’unica politica occidentale consiste nel consentire che Israele continui a colonizzare la Cisgiordania e l’Est di Gerusalemme, senza fare alcuna pressione nei confronti dello Stato ebraico affinché liberi le migliaia di prigionieri palestinesi. Per non parlare dell’embargo sulla Striscia di Gaza, che sta causando gravi sofferenze alla popolazione civile.
La crisi di Gaza può provocare una guerra in tutto il Medio Oriente?
L’escalation a Gaza aggiunge un grande elemento di tensione, ma negli ultimi due anni la situazione nell’intero Medio Oriente è stata caratterizzato da tensioni crescenti. Alla loro origine c’è il modo con cui le potenze occidentali si stanno rapportando all’Iran. Tutti sanno quanto il governo israeliano vorrebbe attuare un attacco preventivo contro i siti nucleari dell’Iran, e l’amministrazione Usa sta cercando di calmare le autorità dello Stato ebraico. L’intera situazione in Medio Oriente è prigioniera del desiderio israeliano di interrompere l’arricchimento dell’uranio da parte dell’Iran e del sostegno da parte dell’Occidente a questa posizione dello Stato ebraico, anche se per ora è soltanto un sostegno a livello politico e non militare.
Prima della crisi l’emiro del Qatar ha visitato Gaza. Quale ruolo può avere giocato?
L’emiro del Qatar, Sheikh Hamad bin Khalifa Al Thani, ha un’influenza molto forte nei confronti di Hamas, ma chiunque sa che non ha un atteggiamento ostile nei confronti di Israele, con il quale intrattiene anzi dei rapporti. Eppure è uno dei principali sostenitori delle diverse tipologie di movimenti islamici nel mondo arabo, incluso Hamas che ha tratto le sue origini dal nucleo palestinese dei Fratelli musulmani. Hamas è stato sostenuto dal regime siriano fino a quando le rivolte armate sono esplose in Siria. A quel punto il quartier generale di Hamas è stato trasferito fuori dal territorio siriano e la sua leadership si è avvicinata al nuovo governo egiziano, al Qatar e all’Arabia Saudita.
Hamas quindi è amico di due Stati wahabiti, Qatar e Arabia Saudita…
Il wahabismo in Qatar è meno radicale di quello dell’Arabia Saudita, ma è evidente che entrambi gli Stati sono pesantemente coinvolti nel sostegno ai diversi gruppi islamisti radicali o piu moderati, come i salafiti e i Fratelli musulmani. L’obiettivo di Qatar e Arabia Saudita è tenere sotto controllo la rivoluzione in corso nel mondo arabo, e stanno compiendo questa operazione nel contesto di una stretta alleanza con gli Stati Uniti e con le potenze europee.
Davvero strana l’”alleanza” tra Israele, Qatar e Occidente.
Ai tempi di Nasser, tutto il mondo arabo era attraversato da profondi sentimenti di stampo laico e nazionalista, soprattutto dopo l’attacco di Israele, Gran Bretagna e Francia contro l’Egitto per la questione dello stretto di Suez nel 1956. Per combattere il nazionalismo arabo di matrice laica, le potenze occidentali fin da allora si sono alleate con il wahabismo e con i Fratelli musulmani. Non c’è quindi nulla di nuovo sotto il sole.
(Pietro Vernizzi)