Il suo kibbutz si trova a 12 chilometri dalla Striscia di Gaza e i missili lanciati da Hamas continuano a cadere a poca distanza dalla sua abitazione. Asa Lebel vive vicino a Sderot, una delle città nel sud dello Stato ebraico più colpite dai razzi Fajr-5 di fabbricazione iraniana. La campagna nella quale si trova Lebel per fortuna non è presa di mira come le aree urbane, e il cittadino israeliano spiega di non avere paura per la sua vita ma di provare molta tristezza per quanto sta avvenendo in queste ore.
Lebel, che cosa ne pensa dell’escalation tra Hamas e Israele?
Ritengo che quanto sta avvenendo sia molto triste per entrambi i popoli, ma Hamas ha messo Israele in una situazione tale da non lasciargli più scelta costringendolo a rispondere. Il kibbutz di Ruhama nel quale vivo si trova vicino a Gaza e ci arrivano continuamente dei missili. Nessun altro Stato al mondo permetterebbe questa continua aggressione senza reagire. Ricordo che nel sud di Israele vive oltre un milione di persone, cioè circa il 20% della popolazione dello Stato ebraico.
Quanto vicino cadono i missili rispetto alla sua abitazione?
I razzi cadono molto vicino, ma per fortuna finora non hanno colpito le strutture all’interno del mio kibbutz.
Teme per la sua vita?
Non ho paura. L’unico mio sentimento è la tristezza: sono triste sia per la popolazione del Sud di Israele, sia per la maggioranza degli abitanti di Gaza, che di certo non vogliono questo conflitto.
La maggioranza degli israeliani è d’accordo con la reazione di Benjamin Netanyahu contro Gaza?
Assolutamente sì. Una maggioranza altissima della popolazione, quasi la totalità, sostiene completamente l’attuale reazione del governo Netanyahu. Gran parte delle persone è certa del fatto che Hamas ha scatenato la guerra contro Israele, e le nostre autorità non avevano altra scelta che reagire.
Il suo kibbutz non è molto lontano da Gaza. Che cosa ne pensa dei suoi vicini palestinesi?
Considero i palestinesi uguali a qualsiasi altro essere umano, ritengo che non ci sia alcuna differenza e auguro loro qualsiasi bene possibile. Spero soltanto che la loro leadership diventi a sua volta in grado di vedere gli israeliani come degli esseri umani.
Lei dice che israeliani e palestinesi sono uguali, ma finora sono morti tre israeliani e 59 palestinesi. Non pensa che ci sia una grande differenza?
Sarebbe una grande differenza se non fosse stato necessario. Ma guardiamo a quello che sta realmente accadendo: Hamas sta lanciando dei missili il cui obiettivo specifico è la popolazione nelle grandi città ebraiche. Per fortuna io mi trovo in un piccolo kibbutz, che finora è stato risparmiato dai missili, ma Sderot, Ashdod o Ashkelon sono colpite di continuo. Significa che Hamas vuole uccidere il maggior numero possibile di israeliani. D’altra parte Israele ha la potenza e la tecnologia per fare altrettanto ai palestinesi, ma si sta limitando a compiere un’operazione chirurgica, cercando di minimizzare le perdite civili tra gli abitanti di Gaza.
E lei chiama “operazione chirurgica” l’uccisione di donne e bambini?
Nello Stato ebraico le vittime sono state di meno che a Gaza solo perché Israele ha una difesa antiaerea con la quale abbatte i missili, e i suoi abitanti sono molto più addestrati a mettersi in salvo nei rifugi ogni volta che scattano gli allarmi. L’unica vera sproporzione in quanto sta avvenendo è che i palestinesi stanno puntando in modo intenzionale i loro missili contro il territorio ebraico, e ogni giorno ci sono oltre 150 razzi indirizzati sulle grandi città israeliane, dove si trova la maggioranza della popolazione civile.
Dopo i fatti di queste ore, spera ancora nella pace per il futuro del suo Paese?
Spero nella pace e in un cessate il fuoco, nella possibilità che entrambi i popoli possano trovare un po’ di quiete e che la tregua duri per lungo tempo. Ma di fronte a un’ideologia estremista come quella di Hamas, che crede nella distruzione dello Stato di Israele, purtroppo ci sono davvero poche speranze per la pace.
Quindi lei desidera la pace, ma non ci spera veramente …
Non è vero. Dobbiamo andare nella direzione della creazione di due Stati, uno israeliano e uno palestinese. Il presidente dell’Autorità Palestinese in Cisgiordania, Abu Mazen, rappresenta un’ideologia e una prospettiva politica che ci dà una speranza nel fatto che la pace possa essere raggiunta.
(Pietro Vernizzi)