Caro Direttore,
in questi giorni di difficoltà per tutto il Medio Oriente – e in particolare per la Striscia di Gaza – chiedo la Sua ospitalità per raccontare anche ai lettori alcune mie impressioni. Nei colloqui con le persone, davanti alle notizie che mi arrivano o anche passeggiando tra le strade (piene e tranquille) di Gerusalemme, mi tornano spesso alla mente le parole che Giovanni Paolo II ripeteva spesso: “tutta la Terra Santa è un mistero”. Quando ho saputo che Israele aveva ammazzato Jabari, il carceriere di Gilad Shalit, ho pensato subito alle possibili reazioni di Hamas. Ma quando sono venuto a sapere che il capo militare era anche l’uomo che stava trattando la pace proprio con il nemico sionista ho pensato: “è incredibile”. E’ la storia che si ripete e ci lascia spesso senza parole. Come nel 1995, quando la soluzione del conflitto sembrava a un passo. E poi hanno ammazzato Rabin.
Non c’era da illudersi in questo caso, le trattative non sarebbero state facili. E certo non brevi. Ma è possibile che quando c’è un timido, piccolo segnale di speranza, poi tutto sembra cambiare, senza un perchè?
Da ieri ho smesso di leggere i giornali italiani. E ho chiesto di farlo anche a chi era preoccupato per me. I toni apocalittici su Gerusalemme erano fastidiosi. Fino alla ciliegina sulla torta di Repubblica, che venerdì ha avuto il coraggio di pubblicare un video dal titolo: “Gerusalemme deserta per i missili”. Complimenti, bel titolo ad effetto! Forse non sanno che se venissero nella Città Santa ogni venerdì sera, la troverebbero esattamente così: deserta. Perchè venerdì sera è per tutti gli ebrei l’inizio dello Shabbat, ed è difficile che qualcuno violi i precetti della Torah per far piacere al quotidiano di Mauro.
Ma tolti gli errori di contenuto, rimangono le disgustose analisi di cui certa pubblicistica si è sempre nutrita. E allora via, pronti come sempre a leggere il solito copione. Il prof. Ugo Volli scrive: “l’esercito israeliano colpisce esclusivamente i terroristi”. Vorrei chiedergli se nella categoria inserisce nella lista dei terroristi anche i 4 bambini piccoli ammazzati ieri nella Striscia. Neanche fossimo a un derby di calcio, le tifoserie si sono subito schierate in campo. Ma parlate al telefono con un cristiano di Gaza, come ho fatto io, o guardate negli occhi una madre israeliana con il figlio ferito. E provate ancora a tifare per l’uno o per l’altro. Chi è seduto comodo in poltrona a guardare i notiziari può ancora permettersi il lusso di stare con Israele o con Hamas. In televisione è difficile sentire le urla dei bambini e annusare l’odore del fumo dopo le esplosioni. Che – a onor del vero – riguardano più gli abitanti di Gaza che i cittadini di Tel Aviv.



Chi ha visto la paura degli abitanti di Gerusalemme, o chi ha sentito – al telefono – le voci terrorizzate dei cristiani che stanno rintanati a Gaza, questo lusso non se lo può permettere. Ma non voglio fare prediche. La verità è che in questo conflitto ho capito quanto è importante ogni singola vita umana. E quando vedo sui giornali illustri analisti che esultano per la morte di civili senza colpa, divento triste. Se volete fare il tifo, fatelo per la pace in questa terra. E perchè la gente qui impari che cosa significa veramente perdonare. L’alternativa è tornare a discutere su chi abbia ragione o torto. E dire che alcune vite valgono di più e altre di meno. Ma credo che per questo abbiamo perso già abbastanza tempo.

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